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Cinema e libro a Villa Torlonia

espiazione_dal-film-di-joe-wright  Davvero un gioiellino il Teatro di Corte di Villa Torlonia che, dopo un lungo ed accurato restauro, ha riacquistato quell’eleganza un po’ civettuola che aveva quando venne costruito a metà ‘800. Abbelliva una delle ville suburbane più importanti per bellezza non meno che per estensione, ospedale da campo durante la presa di Porta Pia, sede del comando anglo-americano dopo la guerra e poi abbandonata per anni al degrado. Infine, in anni recenti, la rinascita con il recupero spesso filologico dei vari ambienti, un restauro non sempre facile per i danni provocati da un ottuso vandalismo. E i risultati sono più che soddisfacenti, il Casino Nobile che ospita la Scuola Romana, la Casina delle Civette con le vetrate del Cambellotti, il Casino dei Principi con mostre a rotazione, il Villino Medioevale con la ludoteca, la Limonaia con il ristorante, il Villino Rosso che ospita l’Accademia dei Quaranta, insomma un complesso finalmente funzionale, dove si produce soprattutto cultura, come appunto al Teatro di Corte.

  E qui, in questa scenografica bomboniera dove è un gaio alternarsi di pitture a grottesche, mosaici ad imitazione antica, statue del Cavaceppi, scultore e restauratore amico di Winckelmann, si sono susseguite, per la stagione della Filarmonica, tre serate all’insegna del binomio cinema-libro. Tre film di successo ispirati a testi importanti da un punto di vista non solo letterario, dove la lettura di brani è intervallata o accompagnata da momenti della colonna sonora dei film stessi. E sono: “Espiazione” (2007), di Joe Wright, con Keira Knightley, James Mc Avory, Oscar per la colonna sonora di Dario Marinelli, “La mia Africa” (1985), di Sidney Pollack, con Meryl Streep e Robert Redford, 7 nomination all’Oscar di cui una per le musiche di John Barry, “L’età dell’innocenza” (1993), di Martin Scorsese, con Daniel Day-Lewis e Michelle Pfeiffer, colonna sonora firmata da Elmer Bernstein.

  “Espiazione”, dall’omonimo e fortunato romanzo di Ian McEwan, è imperniato su un tragico equivoco che condiziona la vita dei personaggi, una colpa che la protagonista, Briony, attribuisce erroneamente a Roby, credendolo l’autore di violenza nei confronti della cugina. E il romanzo si sviluppa sul tema della colpa, peraltro caro a McEwan (vedi, ad esempio, “Bambini nel tempo” o “Cani neri”), con l’estrapolazione dei brani più significativi letti da Alessia Rabacchi, mentre l’Ensemble Roma Tre Orchestra fa quasi da controcanto, violino, violoncello e piano impegnati a sottolineare i vari passaggi con un timbro che va dal crescendo drammatico al tocco minimale.

  “La mia Africa” è giustamente considerato il capolavoro della scrittrice danese Karen Blixen. Libro autobiografico che narra del suo soggiorno in Kenya nella prima metà del ‘900 ha sì il taglio del diario e del memoriale ma sviluppati in chiave antropologica, per l’osservazione  a distanza ravvicinata della cultura indigena. Kikuyu e Masai si può dire siano i coprotagonisti del libro, denso di personaggi e dove in ogni pagina si avverte l’amore dell’A. per la “sua” Africa (amore che non le impedisce una visione critica del colonialismo dell’epoca). Venne portato sullo schermo nel 1993 per la regia di Sidney Pollack,  ottimi interpreti Meryl Streep e Robert Redford,  con la premiata colonna sonora di John Barry. La lettura propone i passaggi salienti del libro, messi in risalto dall’Ensemble la cui musica, su toni ampi e distesi, è riuscita a rendere in pieno il sapore e quasi l’odore della savana. Il senso di immensità del continente Africa.

  Edith Wharton, una delle voci più interessanti della letteratura americana prima metà del ‘900, che nei suoi romanzi ha descritto una borghesia chiusa nei suoi riti mondani (e nel culto del denaro) ed incapace di adeguarsi al ritmo dei tempi. Una voce critica che, nello scavo psicologico dei personaggi, rivela cadenze alle Henry James, amico e maestro di Edith e, nella contrapposizione fra vitalismo individuale e convenziono sociali, si può dire che anticipa Scott Fitzgerald. “L’età dell’innocenza”, il suo capolavoro nonché premio Pulitzer nel 1921, divenne anche film nel 1993, regia di Martin Scorsese, validi interpreti Daniel Day-Lewis, Winona Ryders e soprattutto una magnifica Michelle Pfeiffer. Improntata a toni morbidaente drammatici la colonna sonora di Elmer Bernstein, toni che l’Ensemble ha riproposto in una chiave a tratti quasi crepuscolare, come in fondo è il senso stesso del libro (e come risulta dalla lettura delle pagine più significative), ritratto di un’epoca di transizione e di crisi di valori (come, del resto, tutte le epoche di transizione).

  Dunque esperimento riuscito, dove la sincronia lettura-musica ha acquistato un sapore particolare in virtù dell’ambiente intorno, la squisita bellezza e, soprattutto, eleganza del Teatro di Corte che, per tre sere, è tornato ai fasti di un tempo. Una lode ad Alessia Rabacchi voce narrante e al Roma Tre Orchestra Ensemble: Maria Teresa De Sanio violino, Livia De Romanis violoncello, Stella Ala Luce Pontoriero pianoforte.

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