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Etain Addey, la Terra parte di noi

etain_addey1241134456  Gli anni ’80 nella memoria collettiva sono ormai sedimentati con il marchio di “Anni del Riflusso”, come reazione ai precedenti e convulsi “Anni di Piombo” che però furono anche un periodo ricco di fermenti. Oltre a protestare un’intera generazione si interrogò sul senso della propria vita che una società la cui unica spinta propulsiva era il profitto (mai come oggi, in misura spesso demenziale) costringeva in schemi artificiali e del tutto contro natura. Molti fecero la scelta del ritorno alla Terra come recupero di un’innocenza perduta, in chiave hippy o squisitamente ecologica, talora rinunciando a posizioni di privilegio. E i semi di queste posizioni “altre” germogliarono anche negli anni ’80, malgrado la confusione ideologico-esistenziale, anzi, proprio quale bisogno di un punto fermo. Ed è il caso di Etain Addey che, giunta dall’Inghilterra a Roma, dopo essersi ben inserita in una multinazionale farmaceutica, mollò tutto trasferendosi in Umbria, presso Gubbio, dove aveva acquistato un terreno con rudere annesso.

  Una scelta folle o, ad essere benevoli, “strana”, la sicurezza barattata con una vita dura, dove bisognava inventarsi tutto, giorno per giorno. E così fece Etain, con pazienza ed umiltà, apprendendo dai contadini che, gradualmente, cominciarono a considerarla una di loro. L’amore per la terra ma, soprattutto, il rapporto particolare da lei subito stabilito con il luogo, un’empatia dalla quale è progressivamente scaturito il suo relazionarsi in un modo che definirei emotivo-spirituale con gli alberi, gli animali della nascente fattoria, la natura nel suo insieme, tutto questo negli anni ha prodotto la magia di Pratale. Più che un nucleo agricolo è un ecosistema dove l’essere riconosce la sua immagine originaria riflessa nell’ordine delle cose, l’armonia che nasce dal respiro della Terra quando riesci a sentirlo dentro di te e ti riempie. Ed è la linfa che scorre lieve nei libri scritti da Etain, “ Una gioia silenziosa” e “Acque profonde” e, ora, “La vita della giumenta bianca”.

  Dunque essenzialmente un luogo di lavoro dove questo, scandito da piccole e grandi mansioni quotidiane, nella sobrietà ma anche umiltà di vita ha disvelato tutto un tessuto simbolico che Etain interpreta pagina dopo pagina. E ne emerge il concetto di appartenenza, noi figli della Terra, “…il mondo, il cosmo ha un suo linguaggio…questo linguaggio, quando è indirizzato a noi esseri umani, usa corpi, situazioni e avvenimenti che nei millenni abbiamo contribuito a scegliere come metafore, che parlano a noi di significati che vanno oltre il quotidiano”. Ecco la rete che ci avvolge, il flusso universale del quale siamo parte ma che, frastornati da una vita non più “dentro” ma “contro” la Natura, che offendiamo ogni giorno, col cemento, i veleni interrati o la semplice ignoranza, non siamo più in grado di comprendere. A Pratale è come se Etain avesse riscoperto il “genius loci” del tempo arcaico dei Padri e in questo modo tentasse di rinsaldare l’antico patto dell’uomo con le forze cosmiche. E, procedendo nella lettura, si ha la sensazione quasi di un percorso iniziatico la cui origine è trent’anni fa, la  giovane inglesina alla ricerca di se stessa.

  La sua non è solo speculazione filosofica intrisa di umori panici, come semplicisticamente si potrebbe credere, perché trae forza dal contesto, il territorio con la sua memoria sedimentata dei vivi e dei morti, dove l’antica (e obbligata) razionalità contadina forma i codici di comportamento. Etain ed il suo compagno Martino dànno al termine “sobrio” una valenza che non è sbagliato definire simbolica, perché nella riscoperta di una vita impostata sull’essenziale tutto diventa immediato e genuino, dal rapporto con gli altri a quello, più profondo, con l’ambiente naturale. Perché se da un lato si crea una comunità rurale allargata, dove ognuno spende se stesso in funzione del bene collettivo, dall’altro v’è il dialogo quotidiano con le forze invisibili celate nella vene della terra, nel bosco, nel fiume, nell’aria.

  Qui sono stati generati i miti e Etain, ritrovandone echi nella cultura popolare, in forma di remote ritualità agrarie poi inglobate dal cattolicesimo (come ad esempio la Festa dei Ceri a Gubbio), si interroga sulla possibilità di ri-sacralizzare ciò che un tempo era scontato nella sua chiarezza. Rispetto per tutto ciò che vive in quanto noi ne siamo parte ma, come annota, “L’inversione del paradigma meccanicistico-riduzionistico a favore della visione più fertile di un cosmo vivente ci sembra un lavoro immane”. Tuttavia Etain non è sola in questa sua visione di purezza come riscatto alle ferite che ogni giorno rechiamo a nostra Madre Terra, esiste da tempo il “Sentiero Bioregionale”, un’organizzazione, meglio, un’aggregazione di persone il cui fine è l’armonia uomo-natura, a cominciare dal proprio territorio (“Siamo solo un filo nell’ampia tela della vita…”, è scritto nelle linee programmatiche).

  Negli anni Pratale è divenuto punto di riferimento per tutti coloro che rifiutano un mondo sempre più mercificato e vogliono esprimersi con un linguaggio “pulito”, che parla non di profitto fine a se stesso ma di un mondo a misura d’uomo. Un’impresa non facile, certo, ma siamo in ottima compagnia (vedi l’enciclica di Papa Francesco) e Etain, contadina ma anche antropologa ed entomologa e, naturalmente, scrittrice (il libro è articolato in capitoli, mese che segue a mese, con l’intrecciarsi di storie, cronache quotidiane, aneddoti, il tutto di una levità che incanta); Etain, dicevo, con quella sua religiosità laica dalle tonalità immanentiste, l’uomo al centro del flusso universale, il “panta rei” dove tutto nasce, muore e rinasce, indica una strada. E questa parte da Pratale, ma può essere in qualsiasi luogo ove l’uomo comprende di essere ospite e non proprietario di questa scheggia lanciata nello spazio che è la Terra. “…se è vero che la realtà fisica del cosmo è una vasta e misteriosa soggettività che ci contiene, allora il viso familiare del cosmo per ognuno di noi è il luogo che conosciamo”. Perché continuare a distruggere la nostra casa? Possiamo ancora salvarla e salvarci, ma il tempo della Terra non è infinito…

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 Etain Addey, “La vita della giumenta bianca”, Edizioni Magi, pagg.300, euro 20.
Per informazioni www.magiedizioni.com.
Ma da visitare anche www.sentierobioregionale.org e, naturalmente, pratale.webs.com.

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