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Europa, tramonto di un sogno?

marcuse-copyLo ricordo ancora, era metà maggio di un ormai lontanissimo 1968, anno turbolento, foriero di grandi speranze per i giovani europei che si riconoscevano in Rudy il rosso, in Cohn Bendit e nel profeta dei profeti, il carismatico Herbert Marcuse che galvanizzava milioni di giovani europei al grido di ‘La fantasia al potere’.

Era di maggio, dunque, ed io, giovanissimo universitario della Sapienza, elettrizzato dagli slogan che rimbalzavano da Place de la Concorde di Parigi, da Francoforte e da Berlino inneggiando agli Stati Uniti d’Europa, modello USA ma senza il marchio imperialista, trovai naturale aggregarmi ad altri duecento ragazzi, borsisti della Casa dello Studente, che avevano noleggiato quattro pullman per andare all’aeroporto di Fiumicino ad accogliere il Primo Ministro britannico che qualche giorno prima aveva annunciato alla Camera dei Lord l’intenzione della Regno Unito di entrare a far parte dell’Unione Europea assieme a Italia, Francia, Germania e Lussemburgo. Sir Harold si stupì dell’entusiasmo dei giovani italiani, ma sorrise con aplomb tipicamente british, salutò con gesto quasi benedicente e scomparve dietro una barriera umana in divisa.

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Poco meno di mezzo secolo dopo, in uno scenario planetario completamente stravolto dal velenoso mix di fattori politici, economici, demografici e militari che hanno innescato l’esplosione di crisi d’ogni genere, abbattutesi nelle aree più povere e più fragili del pianeta provocando esodi biblici di disperati verso l’Europa, l’ultimo suo successore a Down Street, David Cameron, interprete degli umori della sua gente, si è ribellato alle blande e tremebonde richieste di Bruxelles ai Paesi membri di accogliere un po’ di quei disperati. E gli altri membri dell’Unione Europea? Quale è stato il loro atteggiamento? Semplicemente intollerabile, inaccettabile, insopportabile.

Non molti anni orsono, prima delle più recenti crisi, dietro al portone di Bruxelles c’era la fila dei Paesi che chiedevano di entrare a far parte dell’Unione, una specie di “vengo anch’io” frenetico e stizzoso, neanche temessero di restare fuori dalla tavola imbandita. I paesi baltici spingevano a più non posso e si davano spallate micidiali pur di entrare per primi, forse per il timore che l’orso sovietico potesse risorgere dalle sue ceneri e li riportasse oltre cortina.

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Quella di ferro, con quel muro a Berlino emblema di privazione di libertà individuali e collettive.  E di miseria. La Polonia, la Lettonia, la Lituania, l’Estonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, e chissà quante ne dimentico, erano di là ed ora sono di qua, ma non ha più senso né il là, né il qua, eppure scorie di intolleranza continuano a scorrere. Come si spiega altrimenti l’ammutinamento verso la Commissione Europea che tentava di assegnare ai vari membri le quote di immigrati sbarcati sulle coste italiane? Ho detto ammutinamento e la prima fila degli ammutinati era formata dai Paesi che sgomitavano per entrare nell’Unione.

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  Le coste italiane sono l’approdo più vicino per chi arriva dalle coste africane, ma sono anche le coste del sud del continente europeo, quindi anche le loro, e allora per quale cavolo di motivo si rifiutano di condividere il peso che sta sopportando l’Italia, praticamente da sola, pur tra mille problemi? A me viene il dubbio che l’indifferenza della stragrande maggioranza dei Paesi dell’Unione verso il problema sia dettato non solo, e non tanto, da egoismi nazionali, pure esistenti e ben conosciuti, ma anche, e forse soprattutto, dall’inconfessato piacere di punire l’Italia per il suo eccessivo spirito di accoglienza, di matrice cattolica, e perché convinti che, qualunque cosa succeda in Italia, si stempera e si digerisce velocemente davanti ad un piatto di spaghetti e ad una suonatina di chitarra e mandolino. Vecchi e stantii arnesi dell’immaginario collettivo dei Paesi d’oltre Alpi. Ma il tempo di pizza e fichi è scaduto da un pezzo, qui in Italia, e l’onda lunga del malessere degli italiani sta montando rapidamente e nulla sarà più come prima.

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Non solo non ha giustificazione alcuna il rifiuto opposto dalla Gran Bretagna e dagli altri Paesi del Nord Europa, con le sorprendenti new entry Francia ed in parte anche Spagna, ma questa polpetta avvelenata è destinata a produrre effetti inimmaginabili sui destini dell’Europa Unita, e qualcosa già comincia ad intravedersi se è vero, come è vero, che la gente comune ha le tasche piene dell’Europa delle banche, dell’Europa dei parametri di Maastricht, dell’Europa dello spread, dell’Europa dei tecnocrati e dei burocrati. Ma anche dell’Europa dell’Euro, moneta estranea alla cultura nazionale, accettata ob torto collo ma mai amata, alla quale vengono imputate, a torto o a ragione, tutte le colpe della crisi che ancora imperversa ma, lo sappiamo, la fiducia gioca un ruolo importante in materia di economia e conviene tenerne conto. La domanda, allora, non può essere taciuta ed io la so porre solo così: E’ questa l’Europa che volevano i padri fondatori e che noi volevamo? A che serve l’Europa unita se poi si squaglia come neve al sole dinanzi ad un problema, relativamente modesto, come quello della redistribuzione sull’intero continente degli immigrati e dei profughi?

FotoColEd infine un’osservazione, meglio, una constatazione, come posso non farla? La seguente: Gran Bretagna, Francia, Spagna, Olanda sono i Paesi europei che, un tempi non lontanissimi, erano padroni dei sette mari ed avevano colonie in ogni dove. Fiumi di immigrati che oggi arrivano sulle nostre coste provengono da Paesi già colonie dei succitati Paesi dell’Unione Europea che oggi si rifiutano di accoglierli, sia pure in percentuali modeste. Cioè, per dirla tutta, rifiutano di adottare una disposizione del Governo dell’Europa. Se così è, vuol dire che sostanzialmente siamo al “rompete le righe” e al de profundis del sogno europeo.

14 Commentia“Europa, tramonto di un sogno?”

  1. Analisi cruda, spietata, ma quanto mai corretta. L’Europa, ad oggi, è solo una finzione politica posta in essere per favorire scambi commerciali e finanziari finalizzati all’ottimizzazione e alla massimizzazione del profitto di pochi con la spinta di molti.
    L’atteggiamento dei Paesi del Nord Europa e della camaleontica Francia è non solo insopportabile, ma indegna. Meglio, molto meglio, la vecchia Europa a confronto di questi gretti mercanti senza anima.

  2. Hai detto ciò che tutti pensano e pochi dicono e sono contento di aver letto cose che avrei voluto scrivere io.
    Mi compiaccio e spero che qualcosa si muova in questo carrozzone che si è aggiunto a quelli interni

  3. L’idea dell’Europa non è certo nata nel Sessantotto ed è molto probabile che si dimostri molto più resistente e tenace delle attuali (benché bibliche) spinte migratorie o delle reazioni contrarie (benché egoistiche e altamente incivili) messe in scena in questi giorni dai governanti europei e dalle rispettive nazioni, di cui quei governanti sono il fedele e meritato specchio.
    Come ogni «idea» che si rispetti, anche quella dell’unione politico-culturale dell’Europa è destinata a restare sempre un passetto al di là delle contingenze temporali e spaziali. La realtà storica può avvicinarsi all’idea fin quasi a sfiorarla, oppure allontanarsene tragicamente, senza tuttavia mai perderla di vista. Non si spiegherebbero altrimenti né gli entusiasmi giovanili, né le delusioni senili della generazione cui, come Enzo Movilia, anch’io appartengo.
    Per il cosiddetto «realismo politico» (e per l’incredibile varietà di conformismi e opportunismi che esso genera) ogni disillusione politica può essere un’occasione da prendere al volo, una buona scusa per cambiare idea, per assecondare come banderuole il vento che tira. Ma l’«idea» resta intatta e ancora più evidente, se non altro come valore comparativo, come puro strumento regolativo della ragione umana. Come faremmo altrimenti a riconoscere e a giudicare, giusto per restare in patria, l’appassionato europeista riciclato di punto in bianco in fervente leghista e populista?
    La storia europea ha conosciuto tempi peggiori, di recente è sopravvissuta a due conflitti mondiali e gli attuali residenti comunitari farebbero bene a rinfrescarsi la memoria sul loro meno recente passato di migranti, mille volte conquistati, mille volte conquistatori. Farebbero bene ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alle cause reali dei fenomeni migratori, ad aprire gli occhi sulla loro reale portata (quantitativa e qualitativa), di là da ogni paura irrazionale, giustificazione di comodo, falsa coscienza ideologica, ipocrisia politica.
    Ma tutto ciò presuppone pur sempre innanzitutto l’«idea», più potente di qualsiasi disincanto.

  4. Caro Professore,
    la tua interessantissima analisi non mi coglie impreparato.
    Quando io parlo di Europa unita intendo quella immaginata dai grandi “padri” politici di Francia, Germania, Lussemburgo e Italia degli Anni Cinquanta che hanno concepito il modello, andatosi via via allargando geograficamente e restringendo a mano a mano che gli egoismi nazionali infettavano il tessuto originario. Il risultato è stato che ha preso il sopravvento l’economia, con annessi e connessi legate alle sue variabili e ai suoi componenti, ma non si è fatto nemmeno un passetto avanti sull’identità e sull’essenza del nuovo soggetto.
    I Paesi egemoni hanno poi fatto il resto.
    Il problema emigrazione è solo l’ultimo pretesto per arroccarsi attorno all’orticello di casa, per giunta sarebbe poca cosa dal punto di vista quantitativo se solo avvenisse una redistribuzione dei migranti con un pizzico di umana solidarietà.
    Che non è una parolaccia.
    Adenauer, Schuman, De Gasperi saranno incazzati neri al pensiero che, che so, perfino l’Estonia, con tutto il rispetto, ruggisce minacciando non so che cosa.

  5. Grazia Mellis // 17 giugno 2015 a 11:34 // Rispondi

    Ricordo perfettamente quella spedizione all’aeroporto di Fiumicino e ricordo l’entusiasmo di noi giovani universitari.
    Col senno del poi dico, però, che quell’attesa dell’Europa Unita si giustificava col contesto di euforico ottimismo dovuto ad una crescita dell’economia con ritmi mai più visti. Sull’onda di questo ottimismo che alimentava speranze esagerate ed eccessive, veleggiava anche il sogno di un’Europa unita, forte e con una matrice diversa da quella americana che non pone l’essere umano al centro delle sue attenzioni.
    Le cose sono andate diversamente ed oggi sentiamo il vuoto assoluto

  6. Analisi pacata e lucida di un (quasi)fallimento dell’Europa Unita vagheggiata da tanti con una buona dose di ingenuità.
    In realtà, a parte la brutta figura fatta con la storia degli immigrati, il problema dell’Europa è all’origine. Come si fa a credere che Paesi lontanissimi tra loro per forza economico- finanziaria, industriale, militare, demografica, territoriale, siedano allo stesso tavolo con uguale potere decisionale?
    Persino in un’assemblea di condominio l’appartamento con millesimi più alti prevale su quello più piccolo, dunque di cosa parliamo?
    Può la Grecia (che va tristemente di moda per la sua tragica situazione)tenere testa, con la forza del voto, alla Germania, alla Francia e alla Gran Bretagna?
    Ma quando mai!
    Bene che vada, l’Europa attuale (e secondo me anche quella futtura) può solo accordarsi su questioncelle marginali per dare l’impressione che qualcosa riesce a fare.
    Il resto sono chiacchiere, fumo e niente arrosto.

  7. Pietro Parisi // 17 giugno 2015 a 14:00 // Rispondi

    Caro Enzo,
    d’accordo su (quasi)tutto. Ti sei domandato, in questo contesto, dov’è l’Onu, qual è la sua funzione, il suo significato, in altre parole la sua ragion d’essere? Un’organizzazione pletorica che conta nulla, anzi “conta” gli stipendi per pagare i super burocrati. “Solidarietà”? Da chi e come, quando? Ognuno si fa i c…. suoi, senza pensare a nulla e, soprattutto, dimenticando “come eravamo”, quando agli inizi del secolo, tedeschi, inglesi, francesi e italiani abbiamo invaso gli Usa in cerca di cibo. Ma tant’è. Un abbraccio.

  8. Caro Pietro,
    proprio ieri, invitato da alcuni ragazzi che conosco, ho partecipato ad un incontro organizzato da un’Associazione di giovani universitari ed il tema all’o.d.g. era proprio l’ONU o, meglio, il suo silenzio agghiacciante dinanzi al dramma che si sta consumando sotto gli occhi di tutti.
    Le parole più ricorrenti, comprese le mie, erano la fotocopia di quelle usate da te, con un pizzico di rabbia in più.

  9. Sono d’accordo con quanto detto da Roby ed aggiungerei ancora qualcosa.
    L’unica possibilità per l’Europa, ma praticamente irrealizzabile, è quella di rinunciare alla sovranità nazionale e formare dei veri Stati Uniti di Europa, ma ho come l’idea che la cosa dia fastidio a molti, sia oltremanica che oltreatlantico.

  10. Visto come si sta sviluppando la situazione greca, è qualche giorno che meditavo di aggiungere qualcosa a quello già detto, non tanto per prevedere quel che succederà, in ogni caso cose non buone, ma per capire cosa è successo.
    Siamo tutti più o meno schierati, chi da una parte, chi dall’altra e stringe veramente il cuore vedere il pensionato greco che piange e si dispera o le massaie che non riescono a fare la spesa, o i nuovi poveri che frugano nei cassonetti.
    Ma i ricconi e benestanti greci che pagano (quando pagano) tasse risibili? E gli armatori che stanno spostando le sedi a Cipro? E la fuga di capitali?
    Chi ha ragione? la Grecia o l’Europa? (leggasi Germania)
    Ragioni pro Europa
    La Grecia ha fatto poco e niente per entrare nella mentalità europea. Si continua ad andare in pensione a 60 anni, si continua ad evadere allegramente le tasse e l’IVA. Si continua a considerare lo Stato come cosa di nessuno, e non di tutti. Un italiano, residente da molto in Grecia mi ha detto: La Grecia è un paese povero di gente ricca.
    A me in un’isola greca, alla richiesta di fattura è stato risposto: Atene è molto lontano…
    I 500 miliardi di aiuti sono stati presi con tante garanzie e promesse, mai mantenute.
    Ragioni pro Grecia
    Il Fondo Monetario è un vampiro succhiasangue. L’unico suo credo è il denaro. La signora Lagarde, ha la stessa sensibilità di un cravattaro, ma di quelli tosti.
    La Germania deve smettere di considerare Lander di serie B paesi sovrani, tentando di far cadere governi e immischiandosi nelle loro politiche.
    La BCE non può fare il ragioniere miope, che non vede al di là del proprio naso. Oltre all’Economia, esistono anche la Politica, la Sociologia qualcosa che si chiama Morale.
    Un punto è chiaro. La Grecia non può uscire dall’Euro, e non perché qualcuno glielo vieti, ma perché sarebbe strangolata e sbranata da una torma di avvoltoi che già volteggiano sull’Egeo.
    La Grecia sarà tenuta in una stanzetta buia, come una volta si faceva (mio dio!) con le vecchie zie senza pensione e senza nessuno, augurandosi che morissero presto.

  11. Condivido e sottoscrivo la tua analisi, Maurizio, ma spero che il “caso Grecia”, per il quale nessuno è innocente, comunque la si pensi, serva da lezione per dare una energica sterzata alla rotta impressa dagli gnomi della Commissione Europea, a quelli della BCE di Francoforte e ai belli addormentati di Strasburgo.
    Così non si andrà lontano e se così è, prima si sbaracca, meglio sarà per tutti.
    Poi, magari, se ne potrà riparlare, ma per adesso le distanze siderali tra i vari membri di tipo culturale, economico, finanziario, normativo, territoriale, ecc. ecc. non consentono di andare oltre qualche accordo commerciale.
    Insomma, cosa hanno in comunune la Finlandia e la Grecia, a parte l’interesse di scambiarsi l’olio di fegato di merluzzo con quello di oliva?
    Realismo, ci vuole un po’ di realismo, altrimenti si prende in giro la gente e si combinano disastri.
    Come quello della Grecia (che ci ha messo di suo).

  12. Giacomo Verduci // 29 agosto 2015 a 15:22 // Rispondi

    Pare che qualcosa si stia muovendo e ciò conferma che l’analisi del signor Movilia, fatta peraltro qualche mese fa, era corretta.
    Si sta muovendo, dicono, persino l’ONU e la cosa è a dir poco tardiva.
    Adesso vediamo cosa succederà, ma io continuo ad essere pessimista perchè i migranti vanno fermati sulle coste nord africane e mediorientali per poter accertarne lo status e stabilire chi può venire in Ruropa e chi no. Così facendo, si spunterebbero le armi agli scafisti e si alzerebbe un filtro contro i male intenzionati che verrebbero in Europa a delinquere.

  13. Il ritardo con cui leggo il bell’articolo sull’Europa e il paventato tramonto di un sogno ha leggermente modificato il giudizio sullo stesso. Chi mi ha preceduto nel commento si trova ora spiazzato dall’improvviso voltafaccia del governo inglese. Cosa è accaduto per nel frattempo? Forse una considerazione sulle possibilità sorte nel mercato del lavoro da una immigrazione di persone di cultura a livello europeo -leggi offerta di asilo per i Siriani della cancelliera tedesca -, o l’ondata di commozione suscitata dalle foto del piccolo annegato apparsa su tutti i media mondiali? O non sarà lo spettacolo delle vittime delle tragedie consumate in terraferma che con i più stravaganti sotterfugi cercano di aggirare le frontiere degli stati europei? Forse questi drammi sono più comprensibili di quelli un po anonimi consumati in mare.
    Certo è che questa migrazione di massa necessita di urgentissimi accordi fra gli stati dell’UE. Temo che non sarà possibile arrivare ad un accordo sollecito. Prima o poi qualcosa si farà. Ma a che prezzo !

  14. Anche io con molto ritardo leggo il tuo articolo caro Enzo.
    La tua analisi e conclusione mi trova d’accordo e, come segnalato dall’ultimo commento, i fatti che stanno avvenendo in queste settimane in Europa sono tragicamente foriere di brutte nuove per il futuro dell’Europa.
    La speranza rimane come rimane la possibilità di sbagliarci .

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