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Gli sciacalli non dormono mai

e le mamme degli imbecilli sono sempre incinte

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Roma, piazza Bologna, lato via 21 aprile, lunedì 10 febbraio scorso.

Sulla gradinata dell’edificio delle Poste un mucchietto di stracci copre un relitto umano senza volto e le persone che si recano agli sportelli accelerano il passo e si mettono la mano davanti alla bocca per trattenere il disgusto. Arriva un omone sulla cinquantina e comincia a sbraitare contro quell’essere senza volto, contro “la feccia” (parole sue) che ha eletto i giardini della piazza a Grand Hotel sotto le stelle, ma anche a latrina a cielo aperto e a discarica tipo Malagrotta.

Attorno all’omone si forma un capannello di tre signore ottuagenarie inviperite quanto l’omaccione il quale, elettrizzato dalla loro presenza e dal consenso che gli esprimono con occhi di fuoco e con gesti minacciosi, si lascia andare ad una incontenibile frenesia di insulti verso gli zingari, verso gli immigrati, verso gli studenti che arrivano da tutte le parti perché con la loro presenza hanno fatto aumentare non solo gli affitti, ma anche la pasta, il pane, l’abbigliamento, la pizza, le patate  e tutta l’anima “de li mortacci loro” (ancora parole sue).

Le estasiate spettatrici annuiscono e fanno gesti minacciosissimi con le mani contro gli invasori neri e quasi neri, bianchi e quasi bianchi, olivastri del Bangladesh, biondi e rossicci dell’Est europeo e gialli con gli occhi a mandorla della lontanissima Asia.

Passano due ragazzi bruni dall’accento calabrese e le signore li guardano con disgusto sprezzante e con occhi di fuoco.

L’omone è caricato a mille e spara ad alzo zero in direzione del Campidoglio.

Olimpiadi:Marino 'incontrerò Letta,Roma pronta a 2024'

“La colpa è de Marino, possino ammazzallo! Ma nun je poteva arivà puro a lui er coccolone com’è arivato ar compare suo Bersani?”

“Magara je venisse na bbona vorta, così so ‘o levamo de torno!” attizza la più in carne delle tre.

“ A li mortacci sua!” le fa eco la più inviperita del terzetto, una leggiadra creatura molto somigliante a Trudy, la fidanzata di Gamba di Legno, ma più agguerrita dell’agguerritissima fidanzata del cagnaccio nemico di Topolino.

Adesso il gruppetto di comizianti è aumentato, ma l’età media si aggira sempre attorno agli ottanta, forse qualcosina in meno.

Sarà che è giorno di pagamento delle pensioni?

“A lui e a tutti li comunisti zozzi che se so comprati puro li magistrati pe fa caccià quer poveretto dar Senato!”

Indovinate chi è il poveretto?

“Sti zozzi!”

“Sti cornuti!”

“Deve schiattà Bersani deve, lui e tutti li zozzi fiji de mignotta comunisti come lui!”

done

Le Tre Grazie sono gasate a mille e l’omaccione spazia ormai su tutti i fronti.

Ce l’ha, ora, “cor chirurgo der cavolo” dal quale, dice, non si farebbe spremere nemmeno un foruncoletto picolo piccolo.

Chi è “er chirurgo der cavolo”?

E chi se non il sindaco di Roma?

Ignazio Marino è al centro di tutte le nefandezze che affliggono Roma, da Prima Porta a Primavalle, da Montesacro a Monte Mario, dal Prenestino al Tuscolano, dal Nomentano all’Eur.

Un tempo paradiso terrestre invidiato dal mondo intero, poi sono arrivati Veltroni e Marino, mandati, neanche a dirlo, proprio da Bersani (da Bersani?) e da D’Alema, e “la città più bella del mondo” è diventata la cloaca della peggiore feccia del mondo.

“Ha da crepà Bersani, altro che dispiacemme!”

“Sì, sì, che crepasse, un rosso de meno!”

Poi un coretto di ragazzi in transito e diretto chissà dove sovrasta le voci dei comizianti e la gente si volta per vedere cosa sta succedendo.

E’ un coretto scurrile, ma le Tre Grazie ridono divertite, per nulla scandalizzate.

“Ber- sa- ni, Ber- sa- ni, Ber- sa- ni del bucio del cul

Vaffancul, vaffancul, vaffancul!”

6_I ragazzini della piazza

Perdonate il vostro cronista per l’agghiacciante testimonianza, ma come si fa a non dare conto del degrado, anche verbale, in cui è precipitata questa città!

 Mentre l’ormai sfiatato omaccione urla rauchi insulti a sindaco, assessori e comunisti, il fantasma sdraiato a ridosso della vetrata delle Poste, stranito ed impaurito, si dilegua quatto quatto con tutti i suoi stracci.

Mi allontano anch’io e devo avere l’aria da cane bastonato se nell’attraversare la strada un signore gentile mi chiede addirittura se ho bisogno di qualcosa.

Mi verrebbe voglia di dirgli di sì, che avrei bisogno di un bastone nodoso per massaggiare la schiena a certa gente che non si ferma davanti a niente, nemmeno davanti alla morte.

Mi limito a sorridergli e a fargli un cenno col capo, ma inghiotto fiele.

Il cattivo umore me lo trascino da tre giorni, da quando ho avuto la disgraziata idea di mettermi a leggere i commenti sul web riguardanti il malore dell’ex segretario del PD e, prima ancora, i feroci insulti indirizzati a quella povera ragazza tenuta in vita grazie agli esperimenti sulle cavie, insulti accompagnati da auguri di morte subitanea.

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Naturalmente morte a lei e salute ai topi-cavia, cugini degli stessi che vengono sterminati dalle loro mamme, o da loro stessi, con pesticidi velenosissimi.

Magari se ne potesse fare a meno!

La marea di commenti mi ha rivelato il devastante livore, odio e disprezzo che un esercito di miei connazionali nutre verso quell’uomo, emblema e simbolo di una classe politica che è causa di tutti i mali che affliggono l’Italia.

E’ capitato a Bersani, ma la reazione sarebbe stata la stessa con chiunque altro.

Probabilmente!

Dai, non tutti, che diamine!

Facciamo tutti meno uno, senza fare nomi!

Bersani, con quell’aria un po’ così,  a me non ha mai dato l’impressione di essere un condottiero in grado di trascinare le folle e di risolvere i problemi del Paese. ma ho sempre creduto nella sua onestà, al punto che non mi sarebbe dispiaciuto averlo come vicino di casa, meglio se nella veste di impiegato del catasto che da segretario del PD e l’altra sera, quando l’ho visto in televisione convalescente nel giardino di casa sua, mi sono rallegrato, ma il pensiero è volato ai trucidoni di piazza Bologna.

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Vi risparmio l’epiteto che mi è scappato a mezza bocca perché non è particolarmente elegante.

A questo punto la domanda è inevitabile:

Perché quel livore e quell’odio incontenibile verso un uomo in imminente pericolo di vita?

Ancora:

Perché una cavia da laboratorio vale più della vita di una ragazza di ventisette anni aggrappata ad un filo?

Qualcuno trova che la violenza verbale che a volte si legge a destra e a manca è impressionante, con una cattiveria pre-cristiana che richiama le maledizioni sepolcrali latine, o il comportamento di Fulvia, moglie di Marco Antonio, verso la testa mozzata di Cicerone.

Evidentemente la civiltà diffusa dopo 2000 anni non ci ha migliorato molto.

10 Commentia“Gli sciacalli non dormono mai”

  1. Maria Teresa C. // 13 febbraio 2014 a 18:59 // Rispondi

    Mi verrebbe da dire che non è il caso di prendersela se intorno a noi esistono persone vergognosamente prive di qualsiasi senso di sensibilità, di carità cristiana, oltre che di educazione alla convivenza civile.
    Ma in realtà quando ti capita di incontrarle è un’esperienza che fa molto male.
    Non credo comunque che sia una questione di età, spesso anzi sono i giovani ad avere comportamenti di quel genere … e anche peggiori.
    Forse la scuola, a tutti i livelli, dalla materna alle superiori, potrebbe (o dovrebbe) fare di più per educare al rispetto dell’altro nella sua diversità.
    Certo anche i nostri politici non danno il buon esempio … ma questa è un’altra storia …

  2. Foti francesco // 14 febbraio 2014 a 10:15 // Rispondi

    purtroppo queste squallide notizie non mi sorprendono più, ormai la nostra cicatrizzata coscienza, abituata con un rituale gesto del telecomando a cambiare scena quando qualcosa ci turba ,ci ha irrimediabilmente immunizzato da qualsiasi sentimento di comprensione, umanità,pietà e considerazione per gli altri, gli infelici , i poveri i disgraziati.Purtroppo il nostro tessuto sociale sta partorendo orribili mostri , che fanno apparire i criminali nazisti come una scuola di educande. ma quello che è più raccapricciante , torno a ripeterlo è che piano piano ci stiamo autoconvincendo ad accettare passivamente anche queste vergognose realtà.

  3. Maurizio Solinas // 14 febbraio 2014 a 15:35 // Rispondi

    Gentile Enzo,
    ho letto ed apprezzato il suo racconto gli sciacalli non dormono mai, ma forse questa volta c’è un po’ troppa demagogia. L’”espulso dal parlamento “ lo amo come una seduta dal dentista, ma non posso fare a meno di notare che non esiste nella nostra stupenda città un posto non invaso da una torma di postulanti, di lavavetri non richiesti, di torvi individui pronti a tutto.
    Metro B:“ Signori e signorine, sono una signora POVVERA …”
    Stazione Termini: gente che ciondola aspettando chissà cosa ed intanto si guarda intorno con fare sospetto..
    Incroci : “cappottoni”, individui seminudi scalzi e sporchi che chiedono con arroganza soprattutto alle donne.
    Marino ovviamente non c’entra nulla, ma mi chiedo perché tutte queste persone, chi l’ha fatti entrare in Italia ben sapendo che ne’ le autorità ne’ la gente comune è disposta a fare qualcosa per loro. Senza soldi, senza casa, prima o poi diventeranno ladri anche se per necessità, e sicuramente useranno giardini e angoli più o meno nascosti come latrine.
    D’accordissimo sulla ragazza tenuta in vita grazie agli esperimenti animali anche se con qualche ma.
    Il grosso della sperimentazione serve a testare creme di bellezza cosmetici vari ed un’altra bella fetta non serve a nulla. Le “cavie” non sono solo topi ma conigli, cani (soprattutto beagle, perche sono di indole docile) gatti scimmie e maiali. Servirebbe una regolamentazione severa che non c’è.
    Un’ultima notazione scherzosa: Gambadilegno è un gattaccio..

    • Grazie Maurizio per la pacatezza e l’eleganza con cui dissenti su alcuni passaggi dell’articolo, cosa non solo legittima, ma preziosa per chi, come me, quando scrive lo fa da osservatore di fenomeni ed uomini che popolano la scena politica.
      Poi nel privato si fanno le scelte a seconda delle proprie convinzioni, ma questo è un altro discorso.
      Ti prego di credermi che a me piange il cuore al pensiero del sacrificio sistematico degli animali nella ricerca, ma dovendo scegliere tra la vita della sfortunata ragazza, oggetto delle scellerate invettive, ed una cavia, non ho esitazioni di sorta.
      Comunque il tema,delicato e ad alta carica emotiva, suscita da sempre discussioni al calor bianco e questo è un bene per tutti.
      Hai ragione, Gambadilegno è un gattaccio e mia figlia mi ha detto che debbo tornare alle splendide letture dell’infanzia, dell’adolescenza e della gioventù. Lo farò.
      Grazie Maurizio

  4. La morte dell’Anno Vecchio viene ancora oggi salutata con un’esplosione collettiva di fuochi artificiali e di rituali simbolici. La comunità si libera del dolore passato, aprendosi alla speranza del bene futuro. Tutto il male dell’universo potrà allora apparire concentrato in una scarpa logora, in una tazza sbeccata, in una seggiola sgangherata, che verranno lanciate giù dai piani alti dei palazzi, o che bruceranno a metà gennaio nella notte dei fuochi di Sant’Antonio.
    Nella civiltà industriale un oggetto insignificante, una «cosa» qualsiasi, di solito un manufatto in disuso, può farsi carico di tutti i peccati del mondo, assolvendo così alla medesima funzione sacrificale del «capro espiatorio» nella civiltà giudaico-cristiana.
    Nelle culture tribali, prepastorali la vittima designata non era necessariamente un animale totemico, poteva anzi essere un membro della tribù, di solito una vergine, un fanciullo o un portatore di «diversità».
    Grave errore è credere che l’epoca avanzata di Internet e della Televisione sia incompatibile con la «mentalità mitica» e con «rituali magici» tipici di età più arcaiche. Si potrebbe al contrario affermare che il rigurgito della emozionalità primordiale sia direttamente proporzionale allo strapotere della mentalità tecnologica e all’uso spregiudicato che ne fa la politica, specialmente in momenti contrassegnati da crisi economiche e sociali.
    Lo scenario di Piazza Bologna, sopra descritto, è una triste istantanea antropologica. Orripilante, respingente, suona tuttavia come una sveglia e un grido d’allarme. Esorcizzare la paura del male con la designazione di un capro espiatorio (il «barbone», il «comunista», l’«ebreo»), rendere efficace l’esorcismo con il turpiloquio, l’invettiva, la maledizione, ecc., sono fenomeni che, osservati con il giusto distacco, rientrano nel normale comportamento mitico-magico di ogni comunità umana. Tutt’altra cosa è invece speculare sulla paura dei più deboli, far leva sulla miseria materiale e morale del momento, sceneggiare ed alimentare pubblicamente il turpiloquio per mero interesse politico: qui siamo in presenza di una patologia culturale, di cui la figura emergente dello «sciacallo» è il sintomo e il simbolo più evidente.
    Enzo Movilia ha avuto il coraggio di vivisezionare il microcosmo di Piazza Bologna. Grave errore sarebbe tapparsi il naso e chiudere gli occhi.

  5. Romolo Strati // 15 febbraio 2014 a 10:31 // Rispondi

    Il signor Movilia ha riportato un quadretto di ordinaria normalità che piaccia o no,è sotto gli occhi di tutti e lui ha colto gli aspetti più eclatanti (il siparietto del terzetto che sbraita aizzandosi reciprocamente)perchè, il suo istinto di brillante narratore non ha saputo resistere alla tentazione di registrare ciò che stava avvenendo sotto i suoi occhi.
    Il problema esiste ed è allarmante, perchè Roma ha fatto un salto all’indietro di 60 anni con la corte dei miracoli che si vede in ogni angolo di strada che ha impatto sulla sicurezza delle persone, a parte le questioni del decoro. Comunque il problema non si risolve sbraitando in maniera teatrale, ma pretendendo provvedimenti risolutivi dalle Istituzioni che paiono impotenti dinanzi ad un fenomeno epocale, ma anche incapaci ed indifferenti.
    Ognuno deve fare la sua parte, con i mezzi, gli strumenti e le capacità che ha a disposizione.

  6. Mah, che dire, c’è proprio poco da dire, credo che l’ignoranza sia una brutta bestia, ma che con lo studio e l’informazione i giovani siano molto meglio dei vecchi; sentendo le parole riportate dal nostro cronista, non mi viene di chiamarli anziani, parola che evoca candore di capelli e saggezza. Mandiamo i nostri figli a scuola e spieghiamogli che la cultura deve essere di tutti e per tutti, solo così potremo evitare di sentire cose che ci fanno salire la pressione, e non ne faccio una questione di colore politico. La scuola dovrebbe essere meno imbottita di nozioni, molto spesso fini a se stesse, ma prima di tutto educazione … civica. Grazie al nostro cronista sempre attento a riferirci il costume o il malcostume di questo paese.

  7. Caro Enzo, inutile puntualizzare che il cambiamento della società si sia realizzato, per molti versi, attraverso un codice verbale e una comunicazione che possiede tratti impressionanti di freddezza emotiva, arroganza del pensiero, bramosìa di morte e vendetta per i più frustrati di quest’epoca. Il quadro squallido e povero che hai descritto, sulla base di un’attenta osservazione, è il superamento del degrado stesso, non esiste più un limite da oltrepassare, haimè. Si sta toccando il fondo o lo si è già toccato. Non ha valore l’età, il ceto sociale o la professione, chi manca di un sistema morale ‘interno’ può dichiarare e fare la peggior nefandezza possibile; ma come si fa a prendersela con un Bersani, reduce da un grave malore, andando a contestargli quella che è la sua ‘formazione’ comunista..come si fa a non lasciare in pace un clochard, libero di trascinarsi dove crede, sarà, poi, l’assistenza sociale, qualora venga in suo soccorso, a proporgli un aiuto. Scrivi come è diventata questa città..tranquillo, tutto il mondo è paese, indifferenza e cattiva educazione, mancanza totale di bon ton nei rapporti, in generale, stanno riducendo il popolo degli umani in un branco di miserabili che non aspetta altro che di infierire sul prossimo. Ho l’impressione certa che il disagio e la mancanza di lavoro e riconoscibilità sia un forte elemento per scatenare l’aggressività di cui sei stato restimone affranto. Ti saluto

  8. grazie per la bonomia con cui illustri i tuoi quadretti di giornaliera realta con il bene e il male che tutti ci accomuna speriando che i nostri giovani siano meglio di tutto cio

  9. Una vita a mandare giù bocconi amari e tanta rabbia inespressa, poi un casuale incontro con un immagine che rappresenta lo stato d’animo del represso e ….esplode il tappo. Così la furia verbale a torto o ragione calma l’animo di un poveraccio che, dopo, non ricorda neanche quello che ha detto o perchè lo ha detto.
    Abbiamo costruito una società che opprime e quando si riesce a far uscire la voce si sentono urla inconsulte.
    Da ricordare che se le persone sono troppo sole è anche colpa nostra.

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