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Il grande esule

 

 

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                                                          Il grande esule

di Antonio Mazza

“Finalmente, dopo 70 giorni di navigazione e 110 dalla nostra partenza da Parigi, abbiamo gettato l’ancora nel mare di quest’isola sperduta”. E ancora “L’imperatore fissava ogni punto col cannocchiale…quella era la sua prigione perpetua, forse la sua tomba!”. Così Scriveva Emmanuel de Las Cases, nel suo Memoriale di Sant’Elena” (Parigi, 1823), il cui protagonista è l’uomo che aveva fatto tremare l’Europa, ora confinato in un luogo insalubre e battuto dai venti. Con lui, a Longwod House, dimora isolata e sotto continua sorveglianza delle autorità britanniche, una trentina di persone, fedelissimi delle varie campagne europee, medici, servitori. E inizia l’ultima fase del percorso terrestre del grande corso, fra i ricordi e le ombre di un passato che ormai appartiene alla Storia, come risulta da “Napoleone ultimo atto”, in mostra al Museo Napoleonico.

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Reliquie di quel lungo esilio, ovvero documenti, libri, quadri, materiale riferito direttamente o indirettamente al Bonaparte, sia che ne abbia fatto uso, sia che ne sia stato lui il soggetto principale. Ed ecco, fra le cose portate dalla Francia, il letto da campo utilizzato ad Austerlitz, la sveglia appartenuta a Federico il Grande, qualche elemento di mobilio, oggetti di lusso e volumi di storia. Fra questi ovviamente non poteva mancare la “Histoire de la décadence et de la chute de l’empire Romain”, di Edward Gibbon, che troviamo accanto ad altri libri di rilievo, come la “Histoire du cardinal Mazarin”, e poi i grandi classici del passato, come Tito Livio e Plutarco. Una nutrita biblioteca, soprattutto dal punto di vista militare, alla quale fanno da corollario le grandi mappe geografiche che ricordano le vittoriose campagne d’Italia.

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Molto interessanti gli oggetti esposti. Cito una tabacchiera in oro, ceramiche di manifattura cinese, vassoi, un gioco di società con gettoni e fiches e, fra gli indumenti che usava Napoleone, un couvre-pieds intessuto a motivi orientali, un mouchoir ricamato di manifattura francese e una sorta di bandana indiana o inglese. E poi, naturalmente, i quadri e le litografie che lo ritraggono spesso pensoso su uno scoglio a scrutare l’orizzonte, ritratti ben lontani dal trionfalismo rappresentativo dei tempi di gloria. Quello che qui vediamo è un Napoleone diciamo così’ “minore”, non più un condottiero ma semplicemente un essere che la solitudine forzata rappresenta nella sua dimensione umana (appunto questo, renderne la dimensione umana, era negli intenti della curatrice della mostra, Elena Camilli Giammei).

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“Il n’est plus” e il medico personale, Francesco  Antonmarchi, sancisce la morte avvenuta dell’ex imperatore dei francesi, il 5 maggio 1821. Qui la già nutrita iconografia napoleonica s’arricchisce di nuovi elementi, talora farciti d’immancabile retorica come la litografia che raffigura l’apoteosi dell’imperatore con i soldati sullo sfondo, ma in generale è un trionfalismo molto contenuto. Vedi la bellissima serie di litografie di Jean Victor Adam ed altri dedicata al convoglio funebre che da Sant’Elena parte per la Francia, nel 1840, in particolare “Il battello catafalco”, la bara a bordo del vascello Belle Poule. Una serie il cui restauro di manutenzione conservativa è stato generosamente finanziato dall’Associazione “Amici dei Musei di Roma”. Ma degno di nota è anche la copia del Testamento di Napoleone (e accanto compare un foglio con righe scritte di suo pugno).

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85 pezzi in tutto per celebrare il bicentenario della morte del grande corso, una mostra da vedere soprattutto perché completa l’altra ai Mercati di Traiano, incentrata su Napoleone e Roma. E qui, a piano terra di palazzo Primoli, costruito nel XVI secolo ma ristrutturato nell’800, si celebra “ l’ultima ora dell’uom fatale”.

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“Napoleone ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria” al Museo Napoleonico fino al 18 settembre. Da martedì a domenica h.10-18, ingresso gratuito. Per informazioni 060608 e wwwmuseiincomuneroma.it.

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