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La pinacoteca di papa Albani

Carlo Maratta, Ritratto di Papa Clemente XI, 1700 - 1701, olio su tela, Il Pio Sodalizio dei Piceni, magnifico complesso monumentale dietro piazza Navona, con al centro la chiesa di San Salvatore in Lauro, di origine medioevale ma totalmente ristrutturata nel XVI secolo. Qui era ed è tuttora il cuore pulsante della comunità marchigiana a Roma, quella che prima era la Confraternita della Santa Casa di Loreto istituita da papa Urbano VIII Barberini e poi l’Arciconfraternita della Nazione Picena che vi stabilì la sua sede nel 1667. Oggi il Pio Sodalizio tiene saldo il suo legame con il passato, alla pratica religiosa e di assistenza aggiungendo quella culturale, sia diretta (la splendida biblioteca, il Museo Umberto Mastroianni) sia indiretta, ospitando periodicamente mostre a tema (peraltro notevoli e cito, fra le tante, “I Russi e il Grand Tour” e “Da Crivelli a Rubens”). Come questa in corso, “Clemente XI collezionista e mecenate illuminato”. Di origine urbinate Papa Albani era un devoto dalla Madonna di Loreto ed ebbe particolarmente cara l’allora Arciconfraternita della Santa Casa. Persona colta e sensibile alle arti promosse a Roma scavi archeologici e restauri di chiese e monumenti, dotando la Biblioteca Vaticana di una preziosa sezione orientale. Fu anche mecenate e collezionista arricchendo la raccolta iniziata dal padre e dal nonno in Urbino, il Fondo Albani (l’inventario eseguito nel 1818 conta ben 201 pagine), la cui peculiarità è quella di un notevole patrimonio pittorico. E una parte, 36 opere, sono ora visibili, praticamente quelle coeve al pontificato di Clemente XI (1700-1721), cioè un periodo artistico non ben definito, fra tardo barocco e rococò, dove si confrontano, in un clima di ricerca, correnti che potremmo definire postberniniane e più classiche. Lo stemma di famiglia in pietra, il monte a tre cime sormontato da una stella a otto raggi, introduce alla ritrattistica di famiglia, Elena Mosca, la madre di Clemente, il nipote Orazio, principe di Soriano nel Cimino, e cardinali Alessandro e Annibale (quest’ultimo a firma di Pier Leone Ghezzi, celebre soprattutto per le sue caricature ma anche pittore “serio”, come risulta, nell’ultima sala, con “I Santi marchigiani” e “Clemente XI distribuisce l’Eucarestia in Vaticano”, opere corali di pregevole fattura, soprattutto la prima, di ampio respiro, raccolte ma non agiografiche, al contrario della “Pietà” del padre di Pier Leone, Giuseppe, senz’altro di buon taglio ma anche molto di maniera). Ancora cardinali della famiglia Albani poi è la volta di Clemente XI ed ecco un bel busto in marmo, un profilo in avorio intagliato e vari ritratti, fra i quali spicca particolarmente quello di Carlo Maratta, notevole nella tecnica e nella forma. E altrettanto può dirsi per i più complessi “San Pietro battezza il centurione Cornelio” e “L’assunzione della Vergine con gli apostoli intorno al sarcofago”, opere nelle quali si avvertono (in particolare il ritratto) reminiscenze raffaellesche immerse in toni di un barocco morbido e sognante. Toni che si ritrovano anche, malgrado la sua drammaticità, nel “Transito di San Giuseppe”, di Francesco Trevisani, che ha lavorato molto nelle chiese romane (uno stile, il suo, di dolce fattura: non a caso fu membro dell’Arcadia). Interessante, come testimonianza d’epoca, la “Veduta e prospetto della città di Urbino in occasione della visita dell’Abate Annibale Albani nipote del papa Clemente XI”, di Gaetano Piccini, disegno a inchiostro acquerellato su carta controfondata su tela (una pratica non comune).

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Seguono opere importanti, come “Le Arti rendono omaggio a Clemente XI”, terracotta con la quale Pierre Legros venne ammesso all’Accademia Nazionale di San Luca. E’ un pezzo di grande bravura non solo tecnica, il cui notevole senso plastico rimanda ad opere più impegnative del Legros, quali “La religione sconfigge l’eresia” al Gesù o “San Stanislao Kotska” in Sant’Andrea al Quirinale. Ma da ammirare sono pure “La cena di San Gregorio” e “San Gregorio chiamato al soglio pontificio con il ritratto di Annibale Albani”, di Giovanni Anastasi, dipinti in orizzontale che formano quasi una sequenza cinematografica. E, ancora, come curiosità d’epoca, il “Contributo alla riforma del calendario di Clemente XI”, di Francesco Bianchini, nella doppia versione di disegno su pergamena e olio su tavola (della riforma per allineare le date il papa incaricò il Bianchini, autore della meridiana in Santa Maria degli Angeli). Infine il delicato “Miracolo della Beata Mafalda di Portogallo”, di Giuseppe Bartolomeo Chiari, allievo del Maratta (e si vede) e le pitture di paesaggio di Alessio De Marchis, la cui vaporosità e luminosità di tratto rimanda a Salvator Rosa e il Lorenese. E’ una pittura di genere che, sempre considerata “minore”, si affermò nel XVII secolo, in una continuità pittorica che giunge fino ai Macchiaioli e agli Impressionisti.

Giuseppe Bartolomeo Chiari, Miracolo della Beata Mafalda del Portogallo, 1710-25, Roma

“Clemente XI collezionista e mecenate illuminato”, Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro, evento che rientra nell’iniziativa “Il Pio Sodalizio dei Piceni per le Marche colpite dal sisma”, mostra a cura di Claudio Maggini. Fino al 25 febbraio 2018, da lunedì a sabato h.9-13 e 16-19, domenica 9-12, chiuso nei festivi. Ingresso libero.

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