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La Tabula Chigi

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                                                  La Tabula Chigi

di Antonio Mazza

  Istituzione culturale per eccellenza il museo ormai da anni ha smesso la sua funzione diciamo così  “passiva”, cioè di pura esposizione di reperti antichi, una vetrina spesso ghiotta, con materiali di qualità ma comunque statica, poco attenta a rinnovarsi periodicamente. Insomma una realtà senz’altro fascinosa e tuttavia con un pizzico talora abbondante di polvere del tempo che si accumula e rischia di allontanare i visitatori. Della serie “il museo, che noia!” e invece fortunatamente non è più così, per una serie di scelte ragionate dove il museo con le sue collezioni ha gradualmente maturato una situazione di movimento. Ed un ottimo esempio di questo processo in atto, ovvero il museo “realtà dinamica”, come si è espressa Federica Rinaldi, direttrice di fresca nomina del Museo Nazionale Romano, lo dimostrano gli ultimi apporti che ne arricchiscono le collezioni, una stupenda “Tabula Chigi” e quattro preziose monete di epoche diverse.

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  Oltre che di pregevole fattura la Tabula è una rara “tabula iliaca” in quanto si riferisce ad episodi dell’Iliade evocati nella parte superiore del bassorilievo, mentre in basso compaiono due figure femminili ai lati di un’ara. E’ un riquadro di piccole dimensioni, come altre Tabulae presenti nei musei italiani (vedi quella dei Capitolini e la Tomassetti dei Vaticani), rinvenuto nel 1778 nella tenuta di Porciliano, l’attuale Castel Porziano, di proprietà della famiglia Chigi. Buono lo stato di conservazione che mette bene in risalto i particolari, soprattutto lo scudo retto dalle due figure femminili, dove colpisce l’accurato minimalismo con il quale viene rappresentato uno scontro di cavalieri. Il riferimento è all’epica battaglia di Arbela, nel 331 a.C. , quando Alessandro Magno sconfisse l’esercito persiano di Dario, causando la caduta dell’impero achemenide (le scritte in greco che figurano nella Tabula rivendicano la discendenza divina di Alessandro e il tributo dei re e dei popoli al suo potere).

Il Casino della Villa Peretti in una incisione del Vasi

Il Casino della Villa Peretti in una incisione del Vasi

  Un vero gioiello, finemente lavorato da un ignoto artista del passato intorno al I secolo d.C. che arricchirà le già cospicue collezioni di Palazzo Massimo, sorto verso fine ‘800 come collegio dei Gesuiti lì dove un tempo era la magnifica Villa Montalto Peretti (nota anche come Villa Negroni) voluta da papa Sisto V. Ma anche la sezione numismatica del museo, già densa come numero e qualità (la collezione di Vittorio Emanuele III di Savoia e quella di Francesco Gnecchi), è stata premiata. Si tratta di due monete medievali piuttosto rare, un’altra del ‘900 ed una medaglia, beni assegnati al MNR con decreto di acquisto coattivo all’esportazione. La più rilevante dal punto di visto storico, perché evoca i tempi del Sacro Romano Impero, è il “Denaro imperiale” di Enrico VI di Svevia, 1186-87, di Zecca incerta (Ravenna o Bologna). Di qualche secolo dopo è il “Pierreale” di Federico IV d’Aragona detto il Semplice, 1355-57, Zecca di Messina, mentre del secolo scorso è il pezzo da 20 lire con l’effigie di Vittorio Emanuele III, 1902, Zecca di Roma. Infine una “Medaglia dell’Associazione Commerciale Romana per  Filippo Borgi”, 1890, A.Sirletti incisore. E questo piccolo ma prezioso tesoretto composito entra nel già importante patrimonio del Polo Museale Romano, che comprende, oltre a Palazzo Massimo, le attigue Terme di Diocleziano, Palazzo Altemps e la Crypta Balbi. Storia ed arte in splendida simbiosi.

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