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Le immagini del mondo fluttuante

  31 marzo 1854, la Convenzione di Kanegawa suggella definitivamente la politica del “Sakoku”, paese chiuso, che aveva tenuto il Giappone lontano da ogni contatto con l’Occidente (anche se v’erano rapporti, sia pur limitati, con portoghesi e olandesi). Fu un trattato imposto, perché il commodoro americano Matthew Perry aveva minacciato di far bombardare dalle sue navi la capitale, Edo (l’odierna Tokyo), in caso di rifiuto ad aprire i porti. Così avvenne ed iniziò un intenso scambio commerciale ma, soprattutto, culturale, perché forte era la curiosità dell’Occidente per un paese lontano di cui si conosceva ben poco. E immediata fu la fascinazione esercitata dall’arte giapponese, in particolare il linguaggio poetico degli Ukiyoe, le “Immagini del mondo fluttuante”, che influenzarono la pittura e le arti plastiche in genere.

01. HOKUSAI

Il “Japonisme” sedusse Monet, Renoir, Van Gogh, Klimt e fu fertile terreno per l’Art Nouveau. I maestri del genere furono Utamaro, Hokusai e Hiroshige, molto richiesti dai collezionisti ed a ragione, perché i loro Ukiyoe rivelavano l’anima segreta del Giappone, come peraltro dimostra ampiamente la mostra in corso all’Ara Pacis: “Hokusai. Sulle orme del Maestro”.

  Katsushika Hokusai, 200 opere esposte a rotazione per la fragilità dei materiali, un percorso figurativo di grande fascino oltre che di notevole interesse storico-culturale, come documento della vita del Giappone in epoca Tokugawa. Quando il paese fu costretto dalle cannoniere di Perry ad aprirsi all’Occidente, lo shogunato dei Togukawa era nella fase finale: nel 1868 subentrò il periodo Meji, che restaurò il potere imperiale e riformò l’intero sistema sociale modernizzando il Giappone. E le xilografie di Hokusai, come degli altri, maggiori e minori, erano (e sono) preziosi documenti di vita di una nazione con i ritmi di una società prevalentemente rurale. Le risaie, i contadini ed i loro villaggi, la pesca, i panorami sconfinati e, presenza sacra, il Monte Fuji, soggetti che Hokusai raffigura con toni di estrema delicatezza, sfumati, quei toni che, come detto sopra, sedussero gli Impressionisti francesi (e non soltanto loro).

04. HOKUSAI

  E’ la stessa levità che si riscontra negli “haiku”, anzi si può proprio dire che ogni suo lavoro è una sintesi poetica per immagini, a cominciare dalla sua xilografia più nota nonché icona della mostra, “La grande onda”, in cui il moto liquido è fissato nell’attimo estremo, con la cresta che si sfalda in fiocchi di spuma sulla barche in difficoltà. L’opera è inserita nei “Meisho”, immagini dei luoghi celebri, prima tappa della mostra, che offre la visione di istanti di vita colti nella loro essenza, com’è tipico della cultura orientale (e quella giapponese in particolare,  permeata di Buddhismo Zen). Andare oltre l’apparenza delle cose e rappresentarne l’immagine spirituale, segreta, ed è la realtà stilizzata di ukiyoe di finissima fattura come “La cascata di Ono lungo la strada di Kiso”, “Veduta del tramonto presso il ponte Ryogoku”, “Giornata limpida col vento del Sud”, queste ultime due dalla serie “Trentasei vedute del Monte Fuji”. L’importazione del blu di Prussia dall’Europa impreziosisce maggiormente le composizioni, peraltro già pregevoli per il loro morbido gioco cromatico. E la natura è la principale protagonista di un mondo ancora vergine, perché non ha conosciuto la rivoluzione industriale che in Occidente sta provocando quelle ferite all’ambiente che, nel tempo, diverranno insanabili. Si respira un’armonia quasi primigenia che scaturisce dall’equilibrio uomo-natura, la simmetria delle cose (vedi “Il Fuji da Gotenyama” o “Il Monte Fuji al tramonto”, rotolo dipinto, ma dove più si avverte quella comunione quasi cosmica è in “Luce del tramonto sul ponte Ryogoku”).

  Una serenità intrinseca ai soggetti la si ritrova anche in Keisan Eisen (per la prima volta in italia) il quale, pur influenzato dallo stile di Hokusai, mostra un segno più marcato che, nel rappresentare geishe, cortigiane e donne di Yoshiwara, il quartiere a luci rosse di Edo, si fa sgargiante e denso, attento ai particolari del fastoso abbigliamento. Dalla serie di xilografie,  “Beltà delle stazioni del Tokaido”,  “Gioco da tavola delle cortigiane” ed altre sono state selezionate opere qualitativamente notevoli, come “Totsuka: Masuyama di Matsubaya”, “Hisaka: Michisode di Owariya” e il trittico “Cortigiane e loro assistenti”. Eisen si cimentò pure con le “Abunae” o immagini pericolose, perché, essendo un po’ piccanti, potevano mettere in pericolo la stabilità coniugale. Non spinte però come gli “Shunga”, immagini erotiche senza veli, e qui Hokusai si mostra molto abile nel trattare una materia “calda” (“Piovra e pescatrice di awabi”).

05. HOKUSAI

  Un tocco speciale si rivela poi nei “Surimono” (cose stampate), biglietti d’auguri, calendari, inviti, eccetera, per quali si usava la tecnica del “goffrato”, imprimendo la carta sulla matrice a secco senza inchiostrarla. Perché Hokusai  è stato molto versatile, pittore ed anche illustratore (di Manga e di giochi, vedi “Sudoroku”) e in tale veste sono da leggersi i rotoli dipinti per il teatro “Kyogen” (farse che spesso si alternavano a rappresentazioni del teatro “No”, spesso inframmezzate). E poi quelli con soggetti del mondo naturale, magari con un occhio volto alla mitologia di casa propria (il motivo del Drago o i “kami”, divinità scintoiste).

  L’impressione finale è quella di un continente ancora “pulito”, come dicevo sopra, nel senso di un’armonia d’insieme che traspare dagli ukiyoe di Hokusai e i suoi allievi (ed anche, ovviamente, Keisai Eisena). Ma, leggendo fra le righe, soprattutto quando sono raffigurati personaggi in primo piano, si avverte una società fortemente gerarchica (e, prima della riforma Meji, feudale, con la terra in mano ai “daimyo” i signorotti locali, ed i contadini quale classe più sfruttata), dove il “Bushido”, il codice dei samurai, ne costituisce la nervatura etica. E’ un mondo che viene bruscamente proiettato nel futuro, senza però mai rinnegare il proprio passato denso di ritualità (che, peraltro, sopravvive ancor oggi: vedi la Festa dei Ciliegi, ad esempio). Dove il rapporto uomo-natura è “comunque” positivo, quale in un haiku di Basho: “ Un giorno che il Fuji è invisibile/coperto di nebbia piovosa/anche quel giorno è piacevole”.

11. EISEN

“Hokusai. Sulle orme del Maestro”, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolia ai beni Culturali con il supporto dell’Ambasciata Giapponese, organizzata da MondoMostre, Skira e Zètema Progetto Cultura e curata da Rossella Menegazzo. All’Ara Pacis fino al 14 gennaio 2018. Tutti i giorni h.9-19, biglietto euro 11 intero, 9 ridotto. Per informazioni 060608 e www.arapacis.it , www.museiincomuneroma.it, www.hokusairoma.it

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