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“L’ORGANO ITALIANO NELL’OTTOCENTO”

Viaggio alla scoperta di un patrimonio musicale poco conosciuto. Sabato 10 ottobre 2015 ore 19,30 Chiesa di S. Lucia del Gonfalone Via dei Banchi Vecchi, 12 E IN REPLICA Venerdì 16 ottobre 2015 h. 21 Chiesa di S. Maria della Scala Piazza della Scala, 23

PROGRAMMA Organo: ANDREA PANFILI Vincenzo Bellini:        Sonata per organo (1801 – 1835) Annibale Fogliardi:        Pastorale terza (1824 – ???) (Archivio musicale delle Benedettine di S. Giacomo in S. Ginesio – MC) Girolamo Barbieri:        Sonata pel postcommunio (1808 – 1871) (Archivio musicale delle Benedettine di S. Giacomo in S. Ginesio – MC) Padre Bernardino Rinuccini:        Elevazione (XIX sec.) (Archivio musicale delle Benedettine di S. Giacomo in S. Ginesio – MC) Anonimo romano:        Pastorale (XIX sec.) (Archivio musicale della basilica di S. Giovanni in Laterano) Giovanni Morandi:        Rondò con imitazione de’ campanelli (1777 – 1856) Padre Davide da Bergamo:        Elevazione (1791 – 1863) Padre Davide da Bergamo:        Sonata marziale (1791 – 1863) (Archivio musicale della basilica di S. Giovanni in Laterano)

organo S. Lucia del Gonfalone

CHIESA S. LUCIA DEL GONFALONE: organo a 28 registri con due tastiere di 58 note, pedaliera di 26 note, costruito nel 1882 da Nicola Morettini di Perugia (1.093 canne).

CHIESA S. MARIA DELLA SCALA: organo a 11 registri con una tastiera di 56 note e pedaliera di 27 note, costruito nel 1908 dalla ditta Carlo Vegezzi Bossi di Torino (636 canne).

NOTE AL PROGRAMMA Nel corso dell’Ottocento, le autorità ecclesiastiche emanarono almeno tre editti riguardanti la musica sacra (nel 1842, 1856 e 1884). In tutti si raccomandava ai parroci di non permettere agli organisti di eseguire «sonate teatrali, o altre distruttive; bensì quelle che servono a fomentare il raccoglimento e la devozione». Questi severi richiami rimasero per lo più inascoltati. Dopotutto, il melodramma era talmente radicato nella nostra cultura che fu impossibile porre un freno alla diffusa consuetudine di eseguire in chiesa Elevazioni, Pastorali e Sonate per organo ricche di brillanti effetti teatrali e simili più a sinfonie o romanze d’opera che a brani di carattere devoto ed osservato. Solo con il Motu proprio, emanato nel 1903 da Pio X, si riuscì ad arginare tale consuetudine e a promuovere il ritorno ad una musica che meglio potesse adattarsi alle esigenze della liturgia: «… si dovrà attendere con maggior cura che le composizioni musicali di stile moderno che si ammettono in chiesa nulla contengano di profano, non abbiano reminiscenze di motivi adoperati in teatro e non siano foggiate neppure nelle loro forme esterne sull’andamento dei pezzi profani». Tutto ciò determinò l’oblio di gran parte della produzione organistica italiana dell’Ottocento, con la conseguente rivalutazione di generi e forme musicali più adatti alla liturgia, quali il canto gregoriano, la polifonia rinascimentale e la produzione musicale sacra del XVII e XVIII secolo. Solo negli ultimi decenni si è iniziato a riscoprire la letteratura organistica ottocentesca, non solo attraverso l’esecuzione dei pochi brani già noti, ma soprattutto con la pubblicazione di musiche manoscritte, rimaste celate per più di un secolo nella buia memoria degli archivi. Il programma proposto è solo un piccolo esempio di questo enorme patrimonio musicale. Ad autori assai noti quali Vincenzo Bellini, uno dei massimi esponenti del melodramma italiano, si affiancano altri meno conosciuti quali padre Davide da Bergamo, Girolamo Barbieri e Giovanni Morandi, tutti compositori e organisti virtuosi assai stimati all’epoca, attivi tra la Lombardia, l’Emilia e le Marche. Inoltre, ne compaiono altri quasi del tutto sconosciuti, quali Annibale Fogliardi, originario di Tolentino e maestro di cappella nella collegiata di San Ginesio (MC), e padre Bernardino Rinuccini, frate domenicano e rinomato organista. È evidente che questi brani, per il loro carattere brillante, non sempre si prestano ad accompagnare alcuni delicati momenti della liturgia, ma la loro esecuzione è opportuna, se non doverosa, in sede concertistica, poiché essi sono la testimonianza di un gusto, uno stile e un’epoca propri della nostra cultura musicale.

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