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San Pantaleone, fammi vincere i soldoni

Lottery-New-York-Lotto-100914La preghiera dei giocatori del lotto.

Il gioco, in ogni tempo, è stato sempre nelle corde della  gente: da quello più comune dei dadi a quelli d’azzardo come, la zecchinetta, per arrivare poi al gioco della roulette nei vari casinò del mondo  e, più diffusamente,  al gioco del lotto, enalotto , bingo  e a quello delle  Slot machines che,  purtroppo, sono  diventate la disgrazia del nostro tempo  perché  creano  dipendenza e distruggono  le finanze di tanti disgraziati che si illudono di fare il colpaccio della vita. Infatti, per alcuni, il desiderio di ricchezza, conquistata senza fatica, fisica o mentale, è un punto di arrivo di una prospettiva che porta  i “dipendenti dal gioco” a giocarsi tutto quello che  possiedono, casa compresa, oltre che il denaro, e persino i beni di chi sta loro accanto, fino alla rovina totale che a volte conduce al gesto estremo del suicidio.

L’esperienza del gioco d’azzardo è evocata da una famosa canzone di Domenico Modugno, Vecchio Frack, nella quale si parla di un raffinato signore che avendo perso tutto, muore suicida. Il tutto è sfumato dalla dolcezza della melodia che suscita pena per il vecchio ed elegante signore, ma la realtà è molto più cruda e non ha nulla di romantico, semmai suscita rabbia nei confronti di un sistema che specula sulle debolezze di tanti poveri cristi.

A questo punto la domanda è d’obbligo:

E’ stato sempre così?

Ossia: il gioco d’azzardo ha sempre ammaliato la gente?

La risposta è si perché il demone che lo governa non dorme mai.

In passato i giochi più comuni e “pericolosi“  erano il gioco delle tre carte, quello della zecchinetta  ed il gioco del lotto, per tanto tempo proibiti a Roma.

Il lotto esisteva in Francia già dal XVI secolo, in seguito si diffuse nel nord d’Italia a  Venezia, a Genova e infine a Napoli, nel 1682, più volte vietato e poi ripreso, come del resto avvenne anche a Roma.

Qui, poi, nel 18° secolo, al papa Clemente XI  Albani venne in mente di fare gestire il lotto dallo Stato e così entrò ufficialmente nel Lazio. La prima estrazione si ebbe il 17 settembre 1703, a piazza Navona, sotto il portico del cortile del Palazzo Pamphilj, alla presenza di un notaio e di un giudice ed i numeri vennero estratti da due orfanelli di Santa Maria in Aquiro.

Il gioco continuò sotto il successore di papa Clemente, ma quello che venne dopo, Benedetto XIII, lo proibì dichiarandolo “ingiusto e iniquo”.

La proibizione non durò a lungo e nel 1732, un altro Clemente, XII, lo riammise perché tanto lui che i suoi successori si resero conto che il lotto era la gallina dalle uova d’oro, tanto cospicui erano gli introiti, devoluti in parte in beneficenza e a volte anche per finalità culturali.

L’estrazione fu spostata nella piazza del Campidoglio  e la prima  avvenne in occasione del carnevale  del 14 febbraio  1732  e di essa si conoscono i numeri fortunati:

56,11,54,18 e 6

  In seguito vennero stabilite nove estrazioni l’anno e nacquero i botteghini del lotto nelle principali vie di Roma, poi, dal 1743  in avanti, l’estrazione  avvenne  nella loggia del  Palazzo di Montecitorio alla  presenza di un notaio  e con un solo fanciullo che  estraeva direttamente i numeri, mentre la gente, assiepata nella piazza, ascoltava la lettura dei numeri con interesse e gran curiosità.

Vincere al lotto divenne il pensiero dominante di ricchi e poveri, di nobili e plebei, di gente colta e di ignoranti e tutti si rivolgevano al loro santo di fiducia perché  provvedesse a far uscire gli agognati numeri.

Un santo tra i tanti veniva particolarmente invocato per la bisogna, san Pantaleone, invocato anche dai napoletani.

Secondo  Gigi Zanazzo, studioso di  tradizioni romane, se si volevano conoscere in anticipo i numeri che sarebbero stati  estratti, bisognava lasciare la finestra aperta   e mettere sul comò  carta, penna e calamaio, in modo che il santo potesse trascrivere i numeri vincenti del  lotto!

A Napoli, dove il gioco del lotto  era ancora più sentito che  in altri luoghi, la  situazione  era più complessa ed i destinatari delle suppliche non erano soltanto i santi.

Il popolo, infatti, pur di vincere non badava all’appartenenza del destinatario della supplica e si rivolgeva tanto ai santi come pure ai folletti e alle varie anime dell’aldilà, come quella del Monaciello , delle anime del purgatorio, e di quelle dei pezzentelli, i morti  sulle strade abbandonati insepolti.

Questi ultimi ricevevano sepoltura e messe in suffragio delle loro anime, ma in compenso  dovevano  fornire ai loro devoti i famosi  numeri del lotto.

Ovviamente, in caso di perdita, i giocatori delusi bestemmiavano come turchi e  mazzolavano “gli intermediari”, cioè le persone che facevano da tramite tra il giocatore ed il Santo ( o il folletto e gli altri destinatari della supplica).

A Napoli, come a Roma, i fondi del lotto venivano  utilizzati  per opere di beneficenza   e di assistenza. In particolar modo alle “zitelle” povere e alle orfanelle veniva assegnata una dote perché potessero sposarsi.

Anche a Roma si ricorreva, oltre che all’aiuto di san Pantaleone, a quello di qualche santone,  per ricevere la “ soffiata” dei famosi  numeri del lotto.

Dal 1836 al 1845, nel convento dei Cappuccini, c’era  fra’ Pacifico , ma  il papa   Gregorio XVI, avvertito  di ciò, decise di farlo trasferire in un convento fuori  Roma.  Fra’ Pacifico allora, prima di essere allontanato dai suoi “fedeli”, fornì per l’ultima volta i numeri, una bella cinquina che sbancò i botteghini del lotto romano! Il monaco burlone, però, volle togliersi uno sfizio e i numeri furono presentati “nascosti” sotto la seguente filastrocca o rebus :

Roma, se  santa sei,

perché crudel  se’ tanta?

Se dici che se’ santa

Certo  bugiarda sei!

 Lettura per chi non ha dimestichezza con i rebus:   66,70,16,60,6.

Questa fu la vendetta/burla di fra’ Pacifico.

3 Commentia“San Pantaleone, fammi vincere i soldoni”

  1. Un tempo era il gioco del lotto il passatempo di giovani e anziani, poveri e ricchi, donne ed uomini, e ognuno pregava il suo santo per il colpo di fortuna con quei due soldi spesi.
    Oggi coi mangiasoldi sparsi dappertutto nemmeno san Pantaleone può salvare quei disgraziati che si giocano anche l’anima loro e distruggono persino la famiglia.

  2. Molto interessante questa ricostruzione della inquietante passione, direi vizio del gioco, che chiama in causa i santi di fiducia, come se questi parteggiassero per l’uno o l’altro dei devoti, ma è interessante anche perchè mette in guardia da un pericolo incombente, specialmente in tempo di crisi e di ristrettezze economiche: la maledizione ed il demone del gioco d’azzardo.
    Trovo che sia cosa indecente che lo Stato ci speculi pure sopra. Conosco un caso di una donna che è finita sul lastrico a causa del gioco alle slot machine, e dire che non era nemmeno una giovincella. E sa signora come è finita? Ha perso marito, figlia e casa. Chissà quale santo avrà pregato e se pure l’ha fatto, il poveretto s’è girato dall’altra parte.

  3. Gianna Romanello // 13 maggio 2016 a 11:17 // Rispondi

    Sante parole, signora mia, sante parole!
    Una mia vicina di casa non si è più ripresa a causa delle prodezze del figlio col gioco d’azzardo.
    E non vi sono stati santi a porvi rimedio.

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