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Subiaco, Anno Domini MCDLXV

 109 “Così questa abbazia, madre di quell’ordine benedettino tanto benemerito delle scienze, diede asilo, a sua gloria eterna, ai primi tipografi tedeschi”. E’ il Gregorovius che scrive, citando il monastero di Subiaco, dove, come già a Montecassino, nella penombra degli scriptoria, si produceva cultura, nel senso di continuità con il passato e cronaca del presente. Grazie ai monaci amanuensi poco o nulla si perse del patrimonio classico e forte sviluppo ebbe quello ecclesiastico, messali, antifonari, salteri, spesso nella forma di eleganti codici miniati (e qui a Subiaco sono esposti alcuni magnifici esempi della ricca biblioteca monastica). Poi, nel 1465, sulla scia della mirabile invenzione tedesca che avrebbe cambiato la storia dell’umanità, la nascita del primo libro stampato in Italia.

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  Nel monastero avevano trovato ospitalità i chierici Corrado Schweinhein e Arnoldo Pannartz, entrambi allievi di Johannes Gutenberg che nel 1455, a Magonza, aveva stampato la Bibbia a caratteri mobili. Esuli dalla loro città sotto assedio i due, grazie anche ad un clima decisamente favorevole (il fervore degli scriptoria ed il valore dei manoscritti, l’abate commendatario che è il cardinale Giovanni Torquemada, uomo di notevole cultura,  e infine il papa: Pio II, Enea Silvio Piccolomini, grande umanista), mettono a frutto la lezione del maestro. Ed è così che vede la luce il primo esempio di editoria in Italia, il “De oratore” di Cicerone, 1465, seguito poi da “De divinis institutionibus adversa gentes”, polemica contro i pagani di Lucio Cecilio Lattanzio, apologeta cristiano del III secolo, e dal “De Civitate Dei”, di Sant’Agostino. In seguito il duo Schweinhein-Pannartz si trasferì a Roma, dove sorse una nuova stamperia, a piazza dei Massimi.

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  Quindi 550 anni fa, una data fondamentale che è stata commemorata a Subiaco nella giusta cifra culturale, con la ristampa anastatica del “De oratore”  ciceroniano,  275 copie numerate a mano (quanto la tiratura originaria dell’edizione del 1465). Qui si sono confrontate tecnica tradizionale e stampa digitale, con risultati notevoli, esaltati dalla carta naturale marcata a feltro (la pregiata Tintoretto della Fedrigoni). Per celebrare l’anniversario si è svolto un incontro all’interno del Monastero, con personalità del mondo della politica e della cultura, dove è stato sottolineato il significato storico di quell’evento che ha sancito una cesura netta fra due modi di vivere la conoscenza. Con la stampa il sapere non è più un fatto di elite ma, con la graduale alfabetizzazione avvenuta nel corso dei secoli, diventa patrimonio condiviso.

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  Dalla pergamena al libro e alle biblioteche, le quali diventano custodi della memoria collettiva e oggi, a cinque secoli di distanza, qual è la situazione, soprattutto con l’avvento dell’e-book? Per quanto ci riguarda 6 italiani su 10 non leggono neanche un libro all’anno (e non parliamo poi dell’analfabetismo di ritorno, problema da non sottovalutare) e se internet ha avvicinato molti alla lettura questa spesso resta puramente “passiva”, nel senso del semplice copia-e-incolla e non di spunto creativo, di ricerca, quale invece deve essere. Il libro elettronico si va diffondendo, taluni presagiscono addirittura la scomparsa del supporto cartaceo, ma questo avverrà, forse, in tempi lunghi. L’e-book ha dalla sua soprattutto l’elemento spaziale, per così dire, diecine se non centinaia di volumi racchiusi in un rettangolo di 20-30 cm. mentre il libro tradizionale s’accatasta sulle pareti di casa o delle biblioteche, s’impolvera, si tarla, genera muffe. Vero, ma il libro tradizionale, soprattutto quello retaggio di un lontano passato, è anche un compendio di storia umana, che quasi la percepisci nella sua fisicità, nel piacere tattile delle pagine sfogliate.

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  E un piacere anche e soprattutto visivo quando nelle bacheche del Monastero ammiri il retaggio del passato, appunto. Come il Missale Monasticum del XIV secolo, il documento pergamenaceo del 1360, dove si parla di una gualchiera (macchina tessile medievale), il Chronicon sublacense, i codici miniati, incunaboli vari. Sono solo alcuni esempi dell’immenso patrimonio cartaceo (oltre 100mila pezzi) contenuti nella biblioteca benedettina. E la continuità con questo glorioso passato è nel centro storico di Subiaco, il Borgo dei Cartai, un opificio Didattico e Centro Arti e Mestieri. Qui vengono recuperate e trasmesse le tecniche artigiane relative alla manifattura della carta, la legatoria, la miniatura. Un valore aggiunto in un luogo di devozione e di arte, dove per tutto l’anno si terranno manifestazioni celebrative di un evento che ha cambiato il corso della storia umana.

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   Info  www.comune.subiaco.rm.itwww.subiacoturismo.it
www.ilborgodeicartai.it.    www.simbruini.it
perché Subiaco è uno dei paesi che fanno parte del
bellissimo parco dei Monti Simbruini,
dove passava il confine con il Regno di Napoli.

1 Commentoa“Subiaco, Anno Domini MCDLXV”

  1. Lanfranco // 7 aprile 2015 a 8:56 // Rispondi

    La biblioteca di S. Scolastica (Subiaco) rappresenta un tesoro unico da far conoscere. Qui sono custodite le memorie religiose (e non solo) provenienti dal lontano 1400. La visione dei codici con le loro raffigurazioni dà un forte emozione.

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