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Una Messa romana del ’700

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                                          Una Messa romana del ‘700

di Antonio Mazza

  Quando si parla di musica sacra nell’Urbe, evocandone la lunga e densa storia, viene quasi automatico citare il grande Giovanni Pierluigi da Palestrina.  Indubbiamente le sue mirabili tessiture polifoniche sono un po’ il cuore pulsante della Scuola Romana e, al più, dopo di lui, si fa il nome di Carissimi. Certo, sono figure-chiave, ma il tema è vasto, copre almeno due secoli, XVI e XVII, e si proietta oltre, fino ai giorni nostri, un sapore antico che resta fra le righe (Perosi, Bartolucci). Nomi se ne possono fare ancora, spesso oggi dimenticati, come Animuccia, che per un certo periodo successe a Palestrina nella direzione della Cappella Giulia, Gregorio Allegri (il famoso “Miserere”), Orazio Benevoli. E altri e quando uno di questi viene strappato all’oblìo e rivive con tutto il colore ed il calore che furono della Roma rinascimentale e barocca l’emozione è grande, in quanto dietro non v’è la grossa istituzione ma uno di quei benemeriti cenacoli d’arte che a Roma coltivano la musica antica. Una ricerca compiuta con amore e sacrificio negli archivi ecclesiastici, che riserba spesso autentiche sorprese, oltre ad arricchire il patrimonio culturale della nostra città.

  Ed eccolo un dinamico e prolifico cenacolo culturale operante alle falde del ghetto, nella magnifica chiesa barocca di Santa Maria in Campitelli, dove di recente il maestro Vincenzo Di Betta ha diretto una capolavoro ritrovato di Orazio Benevoli, “Missa in angustia pestilentiae” (poi cd). Ma non solo questo, perché nei dieci anni intercorsi dalla fondazione dell’Associazione Musicale “La Cantoria”, della quale è Presidente, lui, il suo Ensemble Strumentale e la Cappella Musicale di Santa Maria in Campitelli hanno svolto un’intesa attività non solo in loco e in tutta Italia ma all’estero, proseguendo nella rivalutazione di autori del periodo barocco (come il palermitano Bonaventura Rubino, “Messa de Morti à 5 concertata”, anche cd). In parallelo “Echi d’organo in cantoria”, rassegna organistica internazionale, e i corsi di formazione per giovani cantanti e musicisti, con concerti nella piccola e deliziosa Sala Baldini prospiciente alla chiesa (qui si trova un reperto storico: l’organo positivo sul quale un tempo suonava Giacomo Carissimi). E, per celebrare il decennale, una lieta sorpresa, scaturita dagli archivi Campitelli, la “Messa à Quattro Breve Concertata” di Francesco Giovannini, composta nel 1762.

  Fin da giovane nell’Ordine della Madre di Dio, Giovannini fu nominato prefetto della musica nella chiesa dove compose mottetti, Messe e due Passioni, cosa del tutto insolita per il XVIII secolo in Europa (Bach è un’eccezione). Il suo stile appare caratterizzato da una sobrietà di toni che s’accompagna a quell’eleganza formale tipica della musica tardo barocca. La Messa, dedicata al fondatore dell’Ordine della Madre di Dio, San Giovanni Leonardo, viene proposta nel cd come probabilmente fu eseguita all’epoca, in un contesto liturgico dove l’Ordinarium Missae s’alterna con monodie gregoriane, parti dell’originario Proprium Missae dedicato al Santo e brani per organo. Così l’introduzione, “Tastata per Milone”, un arioso brano di Bernardo Pasquini, importante musicista da riscoprire, e poi si entra nel vivo della celebrazione “In Festo Sancti Johannis Leonardi”, con lo splendido “Kyrie” e il non meno brillante “Gloria”.

  Si delinea la scrittura musicale di Giovannini, le sue tonalità morbide, talora appena accennate, che nell’espressione cantata raggiungono come uno stato di grazia, espressione di una fede salda e sincera. E questa meglio si esprime e si rafforza nel delicato “Gratias agimus”  al quale seguono il più meditativo “Qui tollis”, il movimentato “Suscipe”, l’arioso “Qui sedes”, l’intenso “Cum Sancto Spiritu”, a gola spiegata. E sempre quel filo di levità che collega l’un l’altro i brani, mai quel cromatismo a tratti acceso che caratterizza molta musica barocca, soprattutto tarda, bensì una tenerezza di fondo che rende il tutto quanto mai godibile all’ascolto. E lo ritroviamo ancora, frammezzo ai passaggi in gregoriano, i brani del Vangelo e la lettura delle Epistole, nel “Credo” e nel “Sanctus”, fino allo “Agnus Dei”, che conferma la serena religiosità del musicista sacerdote.

  Messa nello stile concertante, come d’altronde compare nel titolo, una colorita struttura melodica dove voci soliste e coro si alternano e si fondono creando un fine disegno che lascia anche spazio al mottetto ad una o più voci. Non l’intreccio polifonico, ormai superato, ma la cantata che meglio disvela la sensibilità del compositore, qui, come già detto, intervallata e direi anche impreziosita da altri momenti vocali e strumentali, come alcuni brani del gesuita Domenico Zipoli, dalle sue deliziose “Sonate per organo e cimbalo”. E il risultato, grazie alla precisa esecuzione della Cappella Musicale di Santa Maria in Campitelli diretta da Vincenzo di Betta, è quanto mai positivo, in quanto riesce a far filtrare quasi in filigrana quella pacata gioiosità che pervade la Messa di Francesco Giovannini.

Il Maestro Vincenzo Di Betta durante la presentazione del cd.

Il Maestro Vincenzo Di Betta durante la presentazione del cd.

“Messa à Quattro Breve Concertata”, di Francesco Giovannini, Cappella Musicale di Santa Maria in Campitelli diretta da Vincenzo Di Betta, ed.Tactus. Per informazioni www.lacantoriacampitelli.it e www.tactus.it (reperibili anche i testi della Messa). Oltre al cd sono stati presentati “Il Primo Libro delle Messe” (Roma, 1567), di Giovanni Animuccia e gli “Eccellentissimi Musici di Roma” e il Madrigale “Benigni Spirti”. Il Quarto Libro delle Muse. Madrigali a cinque voci” (Roma/Venezia 1574), edizione critica a cura di Paola Ronchetti.

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