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Una serata interessante. (A metà).

La prima parte della serata di Saro si svolse secondo le previsioni. Ah, la tanica è nel cofano>>. utilitaria li condusse rapidamente ad Aci Castello.

panoramica-castello

La pizza, consumata in un locale prospiciente la piazza principale, era standard, con bordo alto secondo l’usanza meridionale, a cratere vulcanico,  con dentro tante acciughe e capperi di vistose proporzioni.

<< Ammucca, ammucca che abbiamo da fare>>, sollecitava Saro che aveva divorato voracemente la sua porzione, e ingurgitava gli ultimi sorsi di birra.

<< Da fare ?!>> chiese Renatina con falsa ingenuità.

<< Un giro in piazza a sentire il ciauro di mare, a intravedere le onde…>> rispose altrettanto falsamente il suo accompagnatore, che in realtà pregustava la visione quanto mai prossima di un immaginario cartellone luminoso, stile Las Vegas, con la scritta a caratteri cubitali “GANZO 20”.

<< E a parlare del libro che stai leggendo. Perché lo stai leggendo, vero ?>>

 Saro si produsse in un sorriso ebete, temendo di essere interrogato come a scuola dalla maestrina. Ma il suo fiuto gli disse che le schermaglie stavano per terminare. Pagò il conto, bofonchiando in sordina per il coperto di 75 lire a testa, e lasciando l’esatta somma richiesta in biglietti e monetine di piccolo taglio. Erano le dieci, e in piazza, malgrado l’aria già tiepida, c’erano solo poche ombre distinguibili alla luce fioca degli alti lampioni. Presala sottobraccio, Saro fece un primo giro di ricognizione.

Cercava un punto dove appoggiare la macchina fotografica: era tutto il giorno che la portava con sé, e malgrado il buio voleva a tutti i costi documentare la nuova conquista. Aveva il congegno da applicare per l’autoscatto, il flash e una scorta di lampadine, dato che il modello ne bruciava una ad ogni foto. I sedili erano metallici, dalle forme arrotondate, e non si prestavano alla bisogna. Cercò allora una presenza umana che desse un minimo di affidamento per una foto decente.

 Da una figura accovacciata al bordo della balconata si levò una voce stentorea, con un fondo di lamentosità:<< Chi cercate? Nessuno troverete, perché questo è Castiddazzo, il paese del figlio perduto!>>

<< Andiamo via!>>, fece Renatina impaurita, e gli  si strinse addosso.

<< Ma che …>> sbuffò invece  Saro in una risata.

Il vecchietto, che tale era, li guardò con occhi di brace ma dopo un attimo riprese la sua lamentazione, ignorandoli e dondolando il capo  << …il paese del figlio perduto!>>

<< Muto, Alfio, che fai vedere a tutti quanto sei babbalecco!>>, interloquì un uomo di passaggio, evidentemente un locale. << Serve niente, picciotti?>>

<< Una foto, se non è di troppo disturbo>>, fece Saro.

Detto fatto, si misero in posa appoggiati alla ringhiera con vista sul castello. Un lampo, poco dopo, cambiata la lampadina, un altro lampo –per sicurezza, aveva chiesto Saro.

<< I signori sono serviti>>, disse affettatamente il nuovo arrivato, felice di avere rotto la noia di una serata di paese, e si allontanò lentamente nel buio mentre Alfio proseguiva la sua lagna ora alzando, ora diminuendo il volume della voce quasi fino a spegnerlo in un rantolo.

 <<Meschino, chissà se ha veramente perduto un figlio?!>> chiese pietosa Renatina.

<< Avaia, non lo sapremo mai. Vediamo di non perdere tempo noi!>> e la prese per mano dirigendosi verso l’auto con i due carichi preziosi: la fanciulla e la macchina fotografica.

<< Guarda che non ho molto tempo, alle undici e mezzo c’è il coprifuoco delle monachelle>>.

<< Ora troviamo un bel posticino per vedere le stelle!>> e azionò la levetta dell’avviamento. Ma nulla accadde. Provò con quella dell’aria, il pignoncino girò e al terzo tentativo il motore si avviò. Fatti pochi metri la seicento cominciò a singhiozzare.

Saro uscì bestemmiando -nel suo intimo- e solo allora si avvide della striscia umida che da sotto il cofano posteriore si allungava in strada. << Tutta l’acqua ha pisciato ‘sta bastarda!>> sbottò Saro stavolta senza ritegno e solo allora capì perché Enzo gli aveva accennato alla presenza a bordo della tanichetta. << Allora sei recidiva !>> e le mollò un calcione sul fianco, smorzando lo slancio solo all’ultimo istante. Si fece indicare una fontanella e dopo poco vuotava alcuni litri nel serbatoio della fedifraga. Ripartiti, Saro attraversò la statale e si diresse verso la stazione ferroviaria, che già Renatina cominciava a dare segni di inquietudine.

<< Saro, si è fatto tardi, le monache…>>

<< Un attimo, che in una serata così le stelle ci cadono in bocca>>.

 Ma non trovava neanche una trazzera dove fermarsi in santa pace. Finalmente accostò in un piccolo largo accanto ad un villino, fra latrati di cani e fetore di immondizie. In quelle condizioni la sua filosofia dell’approccio veniva a perdere alcuni elementi di base: non poteva fare il finto romanticone, perché avrebbe dovuto far scendere Renatina dall’auto e ne mancavano evidentemente le condizioni, e d’altra parte, con sua stessa sorpresa, si scoprì un tantino restìo ad una azione diretta, come se la delicatezza e lo stile di Renatina imponessero qualche riguardo in più.  Si fermò un attimo in silenzio, a riflettere. Su se stesso.

<< Non è cosa per noi, andiamo via>>, si risolse improvvisamente.

E ripartì verso la città, sperando in una ispirazione lungo il tragitto. Ma non ne ebbe il tempo. Alla curva di Cannizzaro, nuovo borbottìo del motore condito questa volta da fumo bianco dal cofano. Dieci minuti dopo, un Saro sempre più esasperato, dentro e fuori, con uno straccio in mano svitava lentamente il coperchio del serbatoio dell’acqua, concedendogli fino all’ultima goccia di ciò che restava nella tanichetta. Giunsero al pensionato che il coprifuoco era già passato da un pezzo, e pure la mezzanotte: al terzo squillo di campanello, quando già Saro pensava alla botta di fortuna che gli stava capitando se Renatina fosse rimasta per strada, arrivò una guardiana patentemente imbestialita, che prima di far inghiottire l’ospite dal vano d’ingresso, diede in giro un’occhiataccia da procacciatrice di vittime  da offrire alla Santa Inquisizione, soffermandosi un attimo su Saro.

 Sbarrato l’uscio con grande cigolìo di chiavistelli, si udì un parlare concitato che svanì subito nel nulla. E Saro rimase appoggiato allo sportello, in compagnia della tanichetta, nella notte fonda di Catania.

(Selezione dei brani dal libro di F. Romeo, CATANEIDE, Città del Sole Edizioni, a cura di Enzo Movilia)

1 Commentoa“Una serata interessante. (A metà).”

  1. Lillo Musumeci // 15 aprile 2014 a 10:15 // Rispondi

    Un’altra pagina di genuina rappresentazione dello stare insieme di noi ragazzi degli anni Cinquanta.
    Giuro che ho provato un moto di commozione, e dire che un mio amico coetaneo mi aveva preannunciato l’argomento che mi avrebbe fatto un salto all’indietro di più di mezzo secolo.
    La cosa che più mi emoziona è il linguaggio, così forte e conciso, quasi colpi di scalpello che forgiano la scultura.
    Grazie all’autore che mi ha restituito uno scampolo della mia Sicilia lontana.

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