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Viaggio in Brasile

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di Giusy Criscione.

L’arrivo a Rio de Janeiro è molto, molto mattutino e in città, un po’ frastornata e assonnata sono arrivata verso le sei. Niente camere fino alle quattordici e, allora che fare? Ci hanno accolto grossi nuvoloni ma l’aria di mare era piena di promesse: Ipanema. Una delle numerose spiagge di Rio, al mattino, poco dopo l’alba è già animata; la gente, incurante del tempo, fa jogging, giovani vecchi, sportivi, distinti, poveracci, la spiaggia è di tutti. Si gioca a beach volley, a tutte le ore, si fa yoga, si porta a passeggio il cane, si va in bicicletta, triciclo, e altre diavolerie elettriche, per non scordare le carrozzine. Si dorme anche: i poveri, e ce ne sono tanti! Ovviamente la spiaggia di Copacabana, oltre il forte dal nome omonimo e il promontorio  è altrettanto bella: più “popular”, colorata di  chioschi e fritture, venditori ambulanti di parei, pannocchie di mais grigliate, nastrini della Madonna di Bonfim . In bella mostra sculture di sabbia, come gruppi marmorei, vere opere d’arte . Ci sono ombrelloni, palme e altre coperture occasionali, ma soprattutto un lungo, enorme marciapiede, quello che appare sempre  come simbolo di Rio. Pietre incastonate bianche e nere che formano un disegno sinuoso a due colori. Il largo lungomare è una soluzione geniale, non richiede manutenzione ed essendo grande permette un via vai di gente in entrambe le direzioni: immagino che durante il Carnevale debba contenere una folla oceanica.

Entrambe le spiagge hanno i loro simboli : Ipanema i due fratelli ,le due colline uguali e Copacabana il famoso Pan di Zucchero. Di lato sopra Ipanema, prospicente al quartiere residenziale e chic di Leblon, arrampicata sulla collina, c’è una grande favela, vista da lontano sembra un presepe, ma non lo è! In una città come Rio il ricco e il povero sono le due anime e si mescolano allegramente ma anche tragicamente: Rio è una città pericolosa, in alcune ore e in certi quartieri. Ma mai quanto lo è Salvador de Bahia, l’antica capitale del Brasile, gioiello barocco, presidiata dalla polizia, giorno e notte a ogni crocevia. Il Pelourinho, quartiere storico centrale, coloratissimo, patrimonio dell’Unesco, ha delle chiese tardo barocche, in particolare la chiesa di San Francesco,  di una bellezza , ricchezza e opulenza davvero impressionante, testimone del fasto di un passato glorioso: la più grande colonia portoghese e l’impero del Brasile. Gli altari sono un tripudio di oro e di legno tropicale scuro, duro e compatto,  lavorato in volute o bassorilievi a forma di busti di donne, figure mitologiche, ghirlande, e oro splendente che ricopre altari, soffitti. Ma Salvador è anche la città degli schiavi, dove furono deportati dall’Africa, numerosi fin dal XVI secolo, soprattutto per lavorare nelle miniere d’oro; del candomblé, religione afro-americana, vicina alla matrice originaria e riformulata dagli schiavi di colore. Poche sono rimaste le bahiane che indossano i coloratissimi vestiti tradizionali: gonnellone ampie e lunghe, copricapi a colori sgargianti fatti di sciarpe annodate che ricordano i costumi dei loro paese d’origine. Per far contenti i turisti, che possono immortalarle in una foto, qualche anziana ancora li indossa, ma risultano certamente anacronistiche nel loro folklore difronte alle maestose acconciature e agli abiti vistosi, scollati e strettissimi che fasciano i sinuosi corpi delle ragazze e delle donne brasiliane di colore di oggi. Sono in realtà indossati con tanta naturalezza e semplicità che definirli provocanti è forse troppo.

La religione cristiana, in Brasile è un perfetto sincretismo tra l’indottrinamento dei cattolici portoghesi, la religione locale  e soprattutto quella africana. Sempre a Salvador de Bahia nella chiesa voluta e costruita da e per gli schiavi : Igreja de Nossa Senhora do Rosário dos Pretos (Nostra Signora del Rosario dei Negri), anche la Madonna, i santi e martiri sono tutti neri. Del resto il nome per intero della città, in portoghese è  São Salvador da Bahia de Todos os Santos.

 Le effigi sacre all’interno delle chiese, di un verismo impressionante, sono espressione e esaltazione degli aspetti più tenebrosi dell’indottrinamento del Credo cristiano. Le pose di penitenza e contrizione dei santi fanno paura; il sangue scorre a fiotti dai Cristi in croce, i” beati” vengono rappresentati mentre si percuotono o con cilici di costrizione:  la cupezza delle immagini rasenta agli occhi del turista di oggi il grottesco, ma bene rappresentano la mentalità e la visione dell’epoca di realizzazione …
E poi ci sono ancora i nativi, Indios, sparsi sul territorio. Io li ho incontrati in un piccolo centro della costa, non lontano da Puerto Seguro, dove sbarcarono nel XVI secolo i primi portoghesi.  Il nome del villaggio è Caraiva. Vivono nell’entroterra di Caraiva lungo il fiume omonimo, lavorano  dove c’è il turismo, sul mare, si dedicano all’artigianato. Questo gruppo etnico si chiama Pataxo. Nel tempo è stato permesso loro di custodire  il Monte Pascoal che è diventata una riserva naturale. In un piccolo villaggio abitato dai nativi c’ è un luogo sacro costruito in paglia e legno a forma circolare e un buco al centro dove con il plenilunio fanno i loro riti propiziatori sotto il cielo stellato. Alla cerimonia sono ammessi i turisti, ma a me sorge il dubbio  che la conservazione e il perpetuare  del rituale sia  più un attrattiva turistica che una credenza ancora sentita come necessaria!

Il Brasile è un grande paese la cui ricchezza e le cui contraddizioni si manifestano  in forme esagerate: la vita a detta di molti non conta molto e la violenza, quella vera non fa più notizia, anche se aprendo la televisione locale, ci sono interi programmi dedicati alla prevenzione e alla repressione della delinquenza. E’ una grande piaga per il paese ma le misure adottate hanno dato scarsi risultati anche a causa dell’attuale situazione socio economica e politica del paese.

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La bellezza del paesaggio, la biodiversità ,le spiagge, le piante, gli alberi, la quantità di legno utilizzato con stile e maestria, i fiori e gli uccelli solo questi, meritano il viaggio. Colpiscono la varietà, le dimensioni, la differenza nei colori e nelle sfumature. Spiagge con palme da cocco, lunghe, deserte, per lo meno in questa stagione, che corrisponde all’ inverno. L’acqua in tutte le sue forme: fiumi che s’allargano con l’alzarsi delle maree formando lagune  a ridosso delle onde del mare, cascate, torrenti e lungo le sponde una natura rigogliosa, da selva tropicale, dove si ritrovano in pieno splendore quelle piante che noi chiamiamo d’appartamento e che lì crescono spontaneamente, senza sforzo! La natura per i brasiliani è a mio avviso interiorizzata a tal punto che anche nel luogo più misero o semplice gli abitanti trovano delle soluzioni per rendere esteticamente presentabile la via, il locale, l’angolo nascosto.

E poi ci sono i brasiliani con i loro incroci di razza, dalle fisionomie molteplici , dai corpi scolpiti, eleganti e naturalmente aggraziati, il carattere allegro e paziente, disponibili ai capricci dei turisti europei.

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