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Drosophila Melanogaster

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                                                         Drosophila Melanogaster

di Marco Pasquali


Se cercate questo nome in rete, vi farete una cultura sul moscerino della frutta: è il suo nome scientifico. Ma è anche lo pseudonimo di una finora poco nota artista e scrittrice italiana nata e vissuta a Roma, al secolo Europa Pesante – già da solo un nome espressivo. Oggi dimenticata, è stata una scrittrice di successo degli anni ’30 del secolo scorso, amica di Maria Montessori ed ispiratrice della produzione letteraria di Massimo Bontempelli. Dimenticata per decenni, la sua figura e la sua opera, sia letteraria, sia pittorica, è stata materia di una mostra personale di
Massimo Napoli nel 2017. Per la presentazione è stato ristampato il suo primo e finora unico romanzo ritrovato, mantenendo la medesima grafica del ’39, originale, e il disegno della copertina da lei stessa disegnata. Recentemente la figura della scrittrice è stata di nuovo valorizzata sempre da Massimo Napoli con la presentazione del suo romanzo LA FOLLA DELINQUENTE, Edizioni della Palude 1941 (copertina disegnata dall’autrice), non registrato nel catalogo della Biblioteca Nazionale. È l’unico romanzo di cui si ha nota anche se l’autrice, peraltro molto creativa e dotata di temperamento, come si vede anche nella foto, ha scritto altro e non va confuso con l’omonimo titolo di Eugenio Sighele, che nel 1891 intitolò così uno studio di psichiatria sociale. Drosophila invece è stata una femminista ante litteram, una donna indipendente e curiosa e la casa editrice Edizioni della Palude è una sua creazione. Ma se poco sappiamo di lei è anche perché ha voluto che il suo testamento spirituale fosse pubblicato a trent’anni dalla sua morte, quindi nel 1975. Lo riportiamo integralmente qui di seguito e
ringrazio Massimo Napoli per avermi fatto scoprire un’artista ignota non solo a me, ma anche un po’ a tutti.

SEGRETO EPISTOLARE di DROSOPHILA MELANOGASTER
(da rivelare dopo più di trent’anni dalla sua morte).
Anche ora che sto per morire, e ne avrò giusto il tempo di terminare questo mio scritto, provo un vero desiderio di vivere. Una gioia di vivere connaturata in me e sempre repressa dagli eventi. Da ragazza, ascoltando una canzonetta di Aldo Fabrizi, “Nel Duemila”, si era negli anni ’30, pensavo realmente al Duemila come a una grande epoca, evoluta, progredita ed emancipata; non la vedrò mai, ma disporrò affinché queste mie rivelazioni usciranno nel nuovo millennio avanti. Ora Penelope incrocia la x sulla scheda elettorale e questo è bene e mi fa appartenere alla modernità, ma la mia vita è stata la rissa con la barbarie degli uomini. Ma veniamo subito agli accadimenti. Gli accadimenti sono pochi e brutali e come tali hanno l’elenco che taglia e corrode corpo e anima:-a sei anni, in collegio dalle Suore Beata Rosa Venerini, durante le prove generali della prima comunione, ricevo in bocca la prima ostia, seppur non quella ufficiale, quella arriverà il grande giorno, ma nella materia è la stessa e la transustanziazione non c’è. Quella prima ostia della mia vita subito attenta alla mia vita, appiccicandosi al palato e chiudendomi l’ugola. Soffoco e provo ad aiutare i polmoni, staccando quella pappa con le dita: sacrilegio! Le suore mi trascinano per i capelli fuori dalla cappella e mi puniscono per aver toccato con le mie dita peccatrici di bambina di sei anni il corpo di Cristo. Ma non erano le ostie della brutta copia?-  ancora: sono poco più di un’adolescente e l’uomo, l’adulto, si presenta a me sotto forma di divisa, uniforme, bello, militare, galante e gode subito del verbo comandare, esigere, desiderare e pretendere, concedere e determinarsi, intendere e ordinare. E’ me che richiede e a tanta forza, la sua, conviene tanta debolezza, la mia e allora l’amo o è giogo, subordinazione? Il tempo non c’è per rispondermi, perché quello che io credevo di donare in amore non è e succede lo stupro e tutto adesso è un’altra cosa;

-e ancora: gravida, sono cacciata di casa da mio padre, mentre mia madre m’incoraggia di appellarmi alla Santa Vergine, anche lei gravida, ma incontaminata; quanto mi è accaduto dovrà essere velato per sempre dal silenzio che uccide;
-e ancora: nel 1913 nasce mio figlio, uguale al padre e da lui non riconosciuto e io ho vent’anni;
-studio, lavoro, imparo il fango e la polvere, ma tiro avanti;
-amo mio figlio Massimo, ma nel 1920 a sette anni, mi viene strappato via e rinchiuso nel manicomio dell’ospedale Santa Maria della Pietà di Monte Mario, dove non mi è permesso vederlo;
-la mia vita senza mio figlio si rabbuia ed è tutto un de profundis;
-le mie uniche amiche che mi saranno accanto per tutta la vita sono Maria e Valentina: Maria Montessori in quegli anni ottiene la nomina di assistente presso la clinica psichiatrica dell’università e mi offre la spalla su cui piangere; Valentina H. ha un ristorante, dove mangio e mi confido, e mi offre la spalla su cui piangere;
-e ancora: nel 1924 succede il delitto Matteotti e il Fascismo si rivela nella sua brutale natura;
-e ancora: Maria Montessori mi confida di essere anche lei una ragazza-madre, ma il suo segreto rimarrà tale per sempre. Ella ebbe un figlio da Giuseppe Ferruccio Montesano, uno dei fondatori della Psicologia e Neuropsichiatria infantile italiana.
-grazie all’intervento di Maria Montessori, mio figlio viene accolto nella prima “casa dei bambini”, quella da lei fondata nel 1907 a S. Lorenzo. Posso riabbracciare mio figlio, ma lo trovo instabile e disturbato, mi rifiuta.
-rigettata da mio figlio, ammattisco quasi. Non voglio più mangiare, né bere. Valentina H. mi convince che il piccolo Massimo, nella sua disperazione e solitudine ha il diritto di poter contare su sua madre, anche in forma indiretta e anonima.
-l’esistenza è fango, ma devo fertilizzare la gioia di vivere per amore di mio figlio e allora scrivo e disegno, dunque sono circondata da Bellezza e Dolore.

-e ancora: il padre di mio figlio è divenuto un illustre ufficiale dell’esercito ed esponente del Fascismo. Egli sta per sposare una donna per formare la Famiglia, solennemente confermata dalla legge e santificata dalla religione. Non pago di una vita che gli sorride, si fa un ulteriore regalo di nozze: rigettare mio figlio in manicomio, per allontanarlo da sua madre definitivamente e cancellare così quel figlio illegittimo.
-grazie a mio figlio, posso affermare di essere stata a contatto con l’anima e di non essere una superficiale. Quando si è in contatto con l’anima si diventa semplici come bambini. Scrivo e disegno e mi sento di essere profonda, ma gli altri puntualmente si ritengono di essere più intelligenti e sorridono. Ecco di nuovo il nemico della mia esistenza: il pregiudizio.
-quando il pregiudizio intralcia i rapporti, la pubblicazione delle opere, la conversazione, allora la sola cosa da fare è di accettare ogni cosa e, per quanto strano possa sembrare, si può essere molto più felici. Circondata dai miei oggetti, dai libri e dai fiori, potevo sentirmi libera e felice. Diversamente, in quegli anni decisivi ma durissimi, alcuni artisti, fragili e meno portati a star di fronte al pregiudizio o a spazzarlo via, venivano relegati al ruolo di animali in via di estinzione. Destinataria degli appunti e dei diari di pittori come Antonio Donghi e Riccardo Francalancia, io potevo accorgermi del dolore profondo e incurabile dato dall’esser visti come relitti del passato, fuori dalla storia e dall’Europa. Ora che sono morta, le mie riflessioni verranno accolte da una società evoluta sicuramente, ma il pregiudizio sarà sempre la bestia contro cui lottare. Il mio
muto mondo del dolore e i miei romanzi sono portavoce di esso. La mia amica Maria Montessori, riparata all’estero, ha combattuto la sua battaglia contro il pregiudizio per via scientifica, pedagogica e intellettuale. Io, che provengo da quella terribile filantropia del IXX° secolo, di collegi religiosi, colonie estive, dittature distruttive, ho avuto l’Arte come alleata, perché artificio o inutile come l’Arte deve essere, perché simbolo. Il padre di mio figlio e il padre del figlio
illegittimo di Maria Montessori, quando morirono ebbero solenni funerali di Stato. Quando ho potuto rivedere la madre del padre di mio figlio, ormai molto vecchia, le avevo riferito di aver adottato un nome d’arte al posto di Pesante. Sconvolta, ella aveva subito telefonato alle sue amiche scimunite, dicendo di avere una nuora mancata pazza che ora si fa chiamare “Melanogatto”. L’eleganza di una Melanogaster storpiata dalla volontà di ascoltare un nome sotto l’ala nera del pregiudizio.
4 Febbraio 1975
Europa Pesante in arte Drosophila Melanogaster

“La folla delinquente”, di Drosophila Melanogaster, Edizioni della Palude, pagg.90 euro 10.

 

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3 Commentia“Drosophila Melanogaster”

  1. Operazione artistica e culturale eccezionale! Questioni di una disarmante attualità!

  2. Vito Papadia // 14 novembre 2022 a 23:09 // Rispondi

    Mi ha sorpreso

  3. Vito Papadia // 14 novembre 2022 a 23:10 // Rispondi

    Sorpreso

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