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il Cavalier Calabrese

11  Mattia Preti, che ancora adolescente lasciò la natìa Taverna, in terra bruzia, per raggiungere Gregorio, il fratello maggiore che a Roma aveva una bottega di pittore ed imparare l’arte. Presto si fece conoscere come un valente giovane in quella Roma della prima metà del ‘600 dove il mecenatismo di tre papi (Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII)  stava facendo dell’Urbe la capitale del Barocco europeo. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona, i tre numi tutelari nel campo dell’architettura e poi Domenichino, Guido Reni, il Guercino, Poussin, Simon Vouet, Lanfranco nella pittura e, ancora, Algardi, Ferrata, Duquesnoy nella scultura. Insomma tutto un fervore creativo che fungeva da calamita per artisti italiani ed europei in cerca di fama. E Mattia è uno di questi, quale viene proposto nella mostra alla Galleria Corsini: “Mattia Preti: un giovane nella Roma dopo Caravaggio”.

  A Roma c’è stata la rivoluzione caravaggesca, che riguarda non solo il nuovo rapporto con la luce ma anche una diversa caratterizzazione dei personaggi, assolutamente fuori dei canoni correnti (Caravaggio subì aspre critiche, vedi il caso della “Madonna dei Pellegrini”). La pittura è dunque in una fase di cambiamento, almeno nei moduli espressivi, e il giovane Mattia, a bottega dal fratello, inizia a cimentarsi, trovando un suo spazio nell’ambiente romano. E la mostra documenta  la produzione di questa fase della sua vita, poco nota a differenza della successiva, l’epoca della maturità vissuta fra Napoli e Malta. Una produzione che, a differenza di quella di Gregorio, il fratello, non risente di alcun artificio accademico ma si sviluppa respirando il clima pittorico di quegli anni.

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  Che è ancora quello della “manfrediana methodus”, cioè il naturalismo caravaggesco riproposto da Bartolomeo Manfredi, allievo del Pomarancio, e reinterpretato da personalità di primo piano, come Carlo Saraceni, Artemisia Gentileschi, Gherardo delle Notti (e poi ci sono Ribera e la Scuola Napoletana). Il giovane Mattia guarda sì al Caravaggio ed alle sue soluzioni luministiche, ma in maniera diluita, più morbida. Anzitutto nella forma, dove le figure non hanno quei connotati di spesso brutale realismo del Merisi, poi nella distribuzione della luce e infine nell’atteggiamento. E vediamo subito quali sono i risultati esposti nella Galleria, sia nel ritratto singolo come in quello corale.

  “Pindaro” e “Virgilio” sono entrambi molto intensi, soprattutto il secondo, con una luce rispettivamente frontale e a raso che sembra caratterizzare la psicologia del personaggio. Il tratto è deciso ma anche morbido e tale traspare da “Soldato”, dove la figura dell’armigero che conta le monete ha un che normalità quotidiana, soprattutto sul piano gestuale, cosa che risalta maggiormente in “Negazione di Pietro”, dove il militare che afferra Pietro per la barba anche se impugna la spada sembra quasi gli stia facendo una ramanzina. Nulla, cioè, della violenza con la quale  Caravaggio avrebbe rappresentato una scena del genere (penso a “La cattura di Pietro”). E quando non compare un solo soggetto ma è una coralità di figure?

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  Nelle due versioni del “Tributo della moneta”, che strutturalmente, nella distribuzione dei personaggi (in particolare quella della Galleria), ricordano “La vocazione di Matteo” del Merisi in San Luigi dei Francesi, stessa intonazione “soft”, con la luce che avvolge il gruppo inducendo effetti chiaroscurali che rimandano a Lanfranco e Simone Vouet. Ma questo non significa che il giovane Mattia non sappia drammatizzare i temi proposti, lo fa, semplicemente non enfatizza, usa la luce quasi come uno spazio plastico nel quale racchiudere i personaggi. Uno spazio anche metaforico, quando i soggetti hanno come sfondo il variegato affollarsi delle nuvole che, soprattutto dopo la Controriforma che dettò i nuovi canoni stilistici, svolgono  una funzione fortemente simbolica

  La loro presenza conferisce un’aura di mistero che fa risaltare la sacralità del tema proposto, lo rende unico, e qui lo vediamo in “Guarigione dell’indemoniato”, “Buon Samaritano”, “San Pantaleo”, “Salomone offre sacrifici agli idoli” e il più “laico”, per così dire, “Fuga da Troia” (ed anche il più concettuale, le tre età rappresentate nella rovinosa fuga del Tempo). E se l’insieme rivela una certa teatralità compositiva peraltro tipica del Barocco (qui di sapore cortonesco) con echi, soprattutto coloristici, della grande pittura veneziana, pure non vi compaiono tentazioni retoriche o sbavature di sorta. Il pennello di Mattia agisce con sobrietà, puntando alla messinscena “devota” ma senza mai calcare la mano, nel giusto equilibrio, vedi il Cristo trionfante dello “Stendardo di San Martino” o il “Miracolo dell’idropico”, con un forte influsso guercinesco (la figura di destra, il malato). E stesso discorso vale per i ritratti, dove si nota anche un certo approfondimento psicologico, in particolare il “Fumatore

04 Il meglio di sé Mattia Preti, ormai conosciuto anche come “Cavalier Calabrese”, lo darà nelle grandi composizioni della maturità, sparse fra Napoli (il bellissimo San Sebastiano a Capodimonte), Taverna, la sua città natale che conserva opere notevoli, e Malta, dove fu una sorta di novello Caravaggio. E Roma, naturalmente, dove nell’abside di Sant’Andrea della Valle figurano gli splendidi affreschi relativi al martirio dell’apostolo. E questi è come intrecciassero un dialogo con gli altri del Domenichino presenti nella basilica, ma rivelandosi superiori perché, pur essendo lo Zampieri grandissimo pittore, restava in un filone classico al contrario del Preti, che, con il suo stile particolare anticipa Luca Giordano. E ciò avviene durante il soggiorno partenopeo, quando la sua pittura morbida si impone sui toni di aspro realismo del Ribera ed imprime una svolta alla Scuola Napoletana che supera il caravaggismo aprendosi a soluzioni nuove. Mattia Preti si pone quindi come emblematico protagonista della pittura del XVII secolo ed è giusto celebrarlo nel IV centenario della nascita.

 “Mattia Preti: un giovane nella Roma dopo Caravaggio”, alla Galleria Corsini.
fino al 18 gennaio, mercoledì-lunedì h.8,30-19,30, martedì chiuso.
Biglietto euro 5, ridotto 2,50. Per informazioni 06.68802323
www.galleriacorsini.beniculturali.it  e www.mattiapretincalabria.it

Segnalo anche un bel Mattia Preti a Castel Sant’Angelo, nella mostra “Lo stato dell’arte”, particolare per il soggetto non comune nell’iconografia sacra: “Cristo risorto in veste di giardiniere appare alla Maddalena”

1 Commentoa“il Cavalier Calabrese”

  1. giovanni contrucci // 22 gennaio 2016 a 11:49 // Rispondi

    Complimenti, al mio paese vi è una annunciazione che tradizionalmente è attribuita a Mattia Preti. Peccato che questa mostra mi è sfuggita

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