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I Daci

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                                                             I Daci

di Antonio Mazza

  Con la strage di Teutoburgo nel 9 d.C, il massacro delle legioni romane ad opera di tribù germaniche, il “limes” dell’Impero nella sua parte orientale non andò oltre il corso del Reno. Si rafforzò anni dopo, tra 101 e 107 d.C., con le campagne di Traiano che portarono alla conquista della Dacia e questo, fino alla caduta dell’Impero, fu il nuovo “limes” orientale. A causa di continue turbolenze che la resero ingovernabile venne abbandonata dai romani nel 273, sotto Aureliano, e fu gradualmente invasa da tribù barbare, Goti, Unni, Avari. Inizia un nuovo ciclo storico che, nei secoli, porterà alla formazione dell’attuale Romania il cui mitico passato rivive nella bella mostra in corso alle Terme di Diocleziano: “Dacia. L’ultima frontiera romana”, a cura di Ernest Oberlander, Direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania e di Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano.

"Glykon" di Tomis, III secolo d.C.

“Glykon” di Tomis, III secolo d.C.

  Si inizia con il periodo della romanizzazione, andando poi a ritroso nel tempo e il calco di una scena di assedio dalla colonna traiana con accanto una testa in marmo di prigioniero dace e quella, in marmo scuro dell’imperatore Traiano, introduce nel clima storico della conquista e colonizzazione del territorio. Molti sono i reperti di quel periodo, che documentano la vita quotidiana, con materiale di uso comune, vasellame, bronzetti, utensili vari . Ed anche, ovviamente, di tipo commemorativo, in vita e in morte (il diploma militare concesso ad un arciere, la lapide in onore del gladiatore), o cultuale, con reperti notevoli, come un rilievo marmoreo che raffigura Mitra tauroctono, del III-II d.C. (singolare la “Statuetta di ambra raffigurante il dio Eros in un carro trainato da una colomba”, II d.C.). Ma il pezzo di maggior suggestione è senza dubbio il “Glykon” di Tomis, III secolo d.C., sinuosa scultura di un serpente in parte antropomorfizzato, incarnazione di Asklepios, il dio della medicina.

Statuette votive. Sullo sfondo Apollo citaredo e Mithra Tauroctono, III-II secolo d.C.

Statuette votive. Sullo sfondo Apollo citaredo e Mithra Tauroctono, III-II secolo d.C.

  Nella sala successiva inizia l’immersione in un passato mitico, che si manifesta in tutta la sua selvaggia bellezza con lo splendido “Elmo di Cotofenesti”, del V secolo a.C., scelto come logo della mostra. Copricapo di un probabile re sacerdote geto- dacico è tutto decorato in oro con figure a sbalzo, ai lati la rappresentazione di un sacrificio rituale, dietro animali fantastici e, sul capo, un fregio a placche. E di non minor suggestione sono gli altri oggetti esposti, a testimoniare come anche le culture cosiddette “barbare” possano produrre bellezza. Siamo nella tarda età del ferro, il territorio è abitato dai Geti, appartenenti al ramo tracico, guerrieri per i quali il cavallo, oltre che strumento di guerra, era anche simbolo di status sociale, come risulta dalle testiere e finimenti in bronzo e oro del VI a.C. Una fattura raffinata, che ritroviamo nella testa in bicromia oro e argento, parte del ricco corredo funebre della tomba principesca di Peretu, IV a.C. (esposta insieme ad un altrettanto raffinato schiniere d’argento), quando sulla scena appare Alessandro Magno e si afferma il regno di Macedonia.

"Elmo di Cotofenesti", V secolo a.C.

“Elmo di Cotofenesti”, V secolo a.C.

  Ma nel ricco passato della Romania, a comporre il suo primitivo intreccio di culture,  compaiono anche gli Illiri, gli Sciti, i Greci, che hanno lasciato interessanti testimonianze (in particolare una “Spada emblema”, VII-VI a.C. e un “Anello sigillare”, V a.C.).  Preziosa appare la cura dei manufatti, segno di maestranze abili, soprattutto nel produrre oggetti destinati all’arte della guerra. Spade, elmi, in particolare un elmo che monta un uccello ad ali spiegate, III-II a.C., dalla tomba di un capo militare celtico, ornamento che aveva una probabile funzione propiziatoria (il tutto costituisce un unicum nel suo genere). Da notare anche i resti di una cotta di maglia a rete per proteggersi dai colpi dell’avversario (simile indumento sarà in uso anche nel medioevo). Di particolare eleganza i bracciali spiraliformi di Sarmizegetusa, IV-III a.C., incisi a draghi alati e palme, di cultura geto-dacica. Lavorati in oro, presente in un lingotto rinvenuto nelle tombe gepidiche di Apahida, con incisi ritratti imperiali, rappresentazione peraltro piuttosto rara (un altro unicum, quindi).

Testa e schiniere in argento dalla tomba di Peretu, IV secolo a.C.

Testa e schiniere in argento dalla tomba di Peretu, IV secolo a.C.

 Testimonianze della cultura geto-dacica vi sono anche in epoca di occupazione romana, oggetti d’argento di varia provenienza e, degna di nota, una “Trousse dacica da magia”. Ormai siamo verso la fine dell’occupazione romana e il paese diviene zona di transito di nuovi popoli che si scontrano e/o si amalgamano. Tuttavia non viene meno quella cura dell’oggetto che abbiamo sinora ammirato nel percorso museale, sta cambiando il contesto storico ma non l’aspetto qualitativo del manufatto realizzato. La prova è, ad esempio, nella “Selezione di artefatti di oro e argento del ripostiglio di Pietroaesele” o nel “Calderone rituale”, del V d.C. realizzati nell’àmbito della confederazione unnica. Notevole anche il materiale in argento della confederazione avarica, VII d.C. e poi i bizantini, un corredo funerario dello stesso secolo, l’apporto della nuova cultura cristiana (un’acquasantiera del VI d.C. una “lampada liturgica di bronzo con un’iscrizione in lingua latina e il nome del donatore, Zenovio”, IV-VI d.C.).  E in questo fascinoso e complesso melting pot stratificatosi nei secoli, qui rappresentato da un migliaio di reperti, sono le radici dell’estremo “limes” orientale SPQR.

Artefatti aurei dal tesoro di Pietroaesele, V secolo d.C. Cultura della confederazione Unnica.

Artefatti aurei dal tesoro di Pietroaesele, V secolo d.C. Cultura della confederazione Unnica.

  “ I Daci. L’ultima frontiera della Romanità” alle Terme di Diocleziano fino al 21 aprile 2024. Da martedì a domenica h.9.30-19. Biglietto euro 8 + 3 mostra. Per informazioni mn-rm@cultura.gov.it e Ambasciata Romania in Italia: roma@mae.ro Ingresso gratuito per i cittadini rumeni e della Repubblica di Moldova.

 

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