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Imperium Augusti

10_Mantova_11605  Sulla costa laziale, nell’area archeologica dove un tempo sorgeva l’antica Lavinium Christian Louboutin Shoes, si trova l’Heroon di Enea. E’ il luogo di sepoltura dell’eroe troiano, lo scenario simbolico che, nel Mito, divenne poi la memoria delle origini. Roma fece suoi i Penati giunti dal mare e monarchi ed imperatori sempre li venerarono perché da essi derivava l’imperium, la dottrina e l’arte del comando. E questa trova la sua consacrazione con Augusto, che stabiliva la discendenza Louis Vuitton Outlet della gens Julia da Enea, figlio di Anchise e della dea Venere. Ovvero “L’arte del comando. L’eredità di Augusto”, al Museo dell’Ara Pacis.

  Dodici sezione per narrare qualcosa che non si limita a Roma ma ha una continuità nel tempo, poiché qui si parla di origine divina del potere o, meglio, della “sacralità” del potere. Lo vediamo subito nell’elaborazione Breaking Bad DVD del mito che, in epoca augustea, viene celebrato da Virgilio nell’Eneide e nelle Egloghe dove, nella IV, si annuncia un “puer” che inizierà l’Età dell’Oro. E la leggenda rivive negli affreschi del ciclo troiano e nella statuetta arcaica che raffigura Enea con il padre Anchise sulle spalle, trovando poi una sua continuità nell’interpretazione cristiana.

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  Sul colle capitolino la Sibilla Tiburtina predisse l’avvento ad Augusto il quale ebbe la visione della nuova èra e ne restò colpito e qui poi sorse l’Ara Coeli, su un tempio pagano (Giunone Moneta). Nei “Mirabilia Urbis” medievali viene ripresa la leggenda augustea, che per la Chiesa significava il legame sacralizzato con l’imperium (molto belli i mosaici del XIII secolo e notevole anche “Virgilio in cattedra” scultura opera dei maestri campionesi, abili marmorari del nord Italia insieme ai maestri comacini. E notevole anche il quadro del Garofalo, che praticamente unisce i due mondi, pagano e cristiano). “Plenitudo potestatis ecclesiae”, la nascita della teocrazia.

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  La continuità è nel Sacro Romano Impero, con Carlo Magno, che cerca di rinnovare l’antica grandezza, curando anche l’aspetto culturale (la “minuscola carolina”,  che facilitò la trascrizione dei testi classici agli amanuensi negli “scriptoria”). Una rinascenza che si ripropose con Federico II, detto “stupor mundi”, grande umanista e fine politico, che fondò a Napoli la prima università totalmente laica. Nel mezzo gli Ottoni, con il loro sogno mai realizzato di ripristinare il Sacro Romano Impero.

 

  Medioevo e Rinascenza, il filo rosso si snoda nel tempo ed appare la figura del princeps che vuol sublimare in sé il senso stesso dell’imperium. Ma Cola di Rienzi, che pure si era proposto come alfiere delle idee repubblicane, fallisce e, fra alterne vicende, si giunge a Carlo V d’Asburgo, che con la violenza (vedi il Sacco di Roma), si impone come signore di un grande impero. Ma anche lui trapassa così come gli altri monarchi, da Elisabetta I a Ivan il Terribile, fino a Napoleone, che riprende il tema dell’imperium ormai spogliato di qualsiasi sacralità ed assurto a motivo di tirannide.

  Infine l’Arcadia come oasi dell’idillio e del sogno, la “pastorelleria” quale surrogato di una età dell’oro che resta sempre una lucida utopia (e tale lo sarà sempre). Diverrà comunque una moda intellettuale nonché il tema preferito dei pittori, Guercino, Poussin, Lanfranco, del quale è qui esposta “Erminia e i pastori”.  E tutto termina con il fascismo, Mussolini erede di un imperium mal compreso, che portò l’Italia al disastro (e proprio durante il ventennio venne recuperata e ricostruita l’Ara Pacis).

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  Una mostra davvero interessante, perché illustra in maniera didattica la continuità del potere, inteso, almeno alle origini, in un’accezione oggi del tutto dimenticata. Quella sacra, per cui il “princeps” agiva in nome e nel segno del bene comune, insomma una concezione superiore, anche se poi la storia narra di altre e più banali – e spesso drammatiche – vicende. Ma è la forza del Mito ad imporsi, qui illustrata da pezzi di grande bellezza e cito, oltre a quelli già elencati, un frammento dell’Ara, un gigantesco Rhyton di marmo, cammei e monete, il sigillo di Federico II, le acqueforti con le spettacolari processioni papali dell’intronazione. Ma su tutte la tela di Rubens con la lupa che allatta Romolo e Remo. La bellezza e la poesia del Mito.

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 “L’arte del comando. L’eredità di Augusto” al Museo dell’Ara Pacis fino al 7 settembre. Martedì-domenica h.9-19, lunedì chiuso.
Biglietto  Museo + Mostra per non residenti euro 12, ridotto 10 (residenti 11 e 9).
info  060608 www.arapacis.it e www.museiincomuneroma.it

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