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La Bellezza ferita

Quella terribile notte di agosto del 2016, quando le convulsioni della terra distrussero uno dei paesi più belli del reatino, alle falde dei Monti della Laga, e poi le nuove scosse nel tempo, che coinvolsero altri piccoli centri. Amatrice, Accumoli, Configno , il cosiddetto “cratere” dove solo macerie fasciate d’erba e di silenzio ricordano comunità la cui memoria è stata cancellata dal terremoto. E tuttavia persiste il ricordo, l’immagine che si cerca di ricomporre ricostruendo fisicamente i territori devastati, impresa non facile, perché è una lotta contro il tempo. Il nucleo superstite, senza più punti di riferimento, rischia di disgregarsi, sancendo così la scomparsa definitiva di una situazione già di estrema precarietà. E questo significa soprattutto un “vulnus” culturale, ogni gruppo umano racchiuso in un’area ben definita producendo appunto cultura. Che si nutre della memoria storica del luogo, una lunga narrazione fatta di abitudini, ricordi, immagini, l’identità offesa  dove l’immagine si rivela molto importante. Immagine come sintesi simbolica di un borgo e la sua gente proiettata nel tempo ed è il caso tipico dell’effigie patronale o delle statue di santi nelle chiese. Alle vittime umane provocate dal terremoto si aggiunge lo strappo nel tessuto culturale e se alle une non v’è rimedio per i danni al patrimonio culturale si può e si deve intervenire.
E si sta intervenendo da tempo nell’area del cratere, strappando alle macerie quadri, statue, arredi sacri, affreschi sfregiati, materiale cartaceo, il tutto messo in sicurezza nell’autoparco della Caserma del Corpo Forestale di Cittaducale. E’ un immenso hangar che funge non solo da deposito ma da centro di restauro delle opere danneggiate, talune in maniera quasi irreversibile. Per fortuna abbiamo squadre di restauratori altamente specializzati (i migliori al mondo), così che l’Arte ferita spesso torna a nuova vita e con essa la memoria storica del luogo offeso dal sisma. Un lavoro da certosini, duro e difficile, ma in fondo entusiasmante perché si opera a contatto con la Bellezza ed a questa impresa “epica” (diciamolo pure, sono migliaia gli oggetti sui quali intervenire) è dedicato un bellissimo volume edito da Electa e promosso dalla Fondazione Varrone (Cassa di Risparmio di Rieti) e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti insieme alla Soprintendenza speciale per le aree colpite dal sisma e dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio. “Ai piedi della Laga” è un documento utile per capire non solo la situazione attuale, di recupero e ripristino del patrimonio, ma per meglio valutarla in chiave storico-artistica.
Questa è una zona con una sua peculiarità, da sempre punto di passaggio (soprattutto Amatrice) e dunque una sorta di cerniera fra i vari influssi culturali. Qui dialogano moduli stilistici laziali, umbri, toscani, marchigiani, in un fascinoso impasto che si ritrova nelle chiese e nei palazzi nobiliari (ed è poi, allargando a livello nazionale, di interazione fra le varie scuole, quello che rende l’arte italiana unica). Lo si evince sfogliando le pagine del libro che si articola per capitoli-saggio, dove si parte dalle origini, la Sabina preromana poi divenuta la V Regio augustea, Picenum. Qui sono le Terre Sommatine (alte valli del Tronto, Velino e Aterno) delle quali Amatrice è il perno, territori che vedono avvicendarsi Normanni, Svevi, Angioini, con il ruolo non secondario dell’abbazia di Farfa (nel Regesto è citata ”Matrice”). Nasce il “districtus” della conca amatriciana, i vari paesi spesso in conflitto fra loro, ma è ormai un’area (ed una società) in espansione e il XV secolo segna un dato positivo nei commerci e nella produzione artistica. Soprattutto questa che, come ho scritto sopra, è già in sé centripeta, accogliendo echi e richiami di altre aree dell’Italia centrale. E’ un po’ il tema che scorre fra le righe della prima parte del volume, “Memorie, arte e devozione”, dove compaiono opere importanti come la bizantineggiante “Madonna in trono con il Bambino”, dal distrutto museo civico di Amatrice, e il trittico della “Madonna del Latte” da Accumoli.
Ma dove più si avverte questa sorta di molteplicità del linguaggio artistico è nel santuario dell’Icona Passatora, sventrato dal terremoto, un palinsesto pittorico che ora, per buona parte, giace in frammenti negli appositi contenitori. E poi le sculture in terracotta policroma, dove talora si avvertono echi toscani (il Verrocchio per esempio) e tutta la immensa produzione di arte sacra che da sempre ha caratterizzato l’area colpita dal sisma. Riarginare le ferite e ricomporre la memoria storica dei luoghi, pur se difficile, non è impossibile e la seconda parte del volume, “Dalla rovine alla luce” guarda al futuro. Si lavora per ristabilire le coordinate di quello che era “il tempo dei borghi”, un tempo fatto di uomini e cose, dove la quotidianità aveva una valenza precisa. La vita del borgo con una sua cadenza quasi rituale, un’intimità violata che ora viene ripercorsa nei tanti ed appassionanti contributi storico-artistici (ben 18) di questo volume. E l’auspicio, come si legge nella pagina conclusiva, è “fare delle terre mutate dal sisma un laboratorio per il Paese di domani”.

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“Ai piedi della Laga”, Electa ed. promosso da Fondazione Varrone, pagg.230 euro 31,40. Si può contribuire ai restauri con l’art bonus che permette un credito d’imposta del 65%: per informazioni www.artbonus.gov.it

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