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La hit parade della poesia

"200908231842 ARCJICDSJPP provenienza CentroDocumentazione 2" di Cinzia Baldazzi.

Alla metà degli anni Sessanta, Angelo Guglielmi, illustre critico e manager culturale dei mass-media, ha dichiarato: «Ogni ponte tra parola e cosa è crollato. La lingua, in quanto rappresentazione della realtà, è ormai un congegno matto. Tuttavia, il riconoscimento della realtà rimane lo scopo dello scrivere. Ma come potrà effettuarsi?» Il pensiero dialettico di Guglielmi, ne siamo consapevoli, con «rappresentazione della realtà» non intendeva linguaggi o metalinguaggi ad essa sottomessi tout-court: egli sperava, infatti, si coltivasse di nuovo o, meglio, ex-novo, un rapporto aperto e pertinente tra i poli della “parola” e della “cosa”, all’altezza di incrementarle in totale libertà.

È giusta la domanda su quale sia il modo di favorire tale processo divulgandolo, e di raffinare le misure in cui sia possibile accertare se la metodologia prescelta funzioni. Nel film L’attimo fuggente (1989) di Peter Weir, sceneggiato da Tom Schulman, nel campo specifico delle opere poetiche Robin Williams, nel ruolo del professore inglese John Keating, ridicolizza il meccanismo di classifica del tipo “più letti, più venduti”: «Stiamo parlando di poesia», sostiene con vigore, «ma si può giudicare la poesia facendo la hit-parade? “Gagliardo, Byron! È al quinto posto, ma è poco ballabile!”». La strategica protesta è articolata da un geniale insegnante per “rompere il ghiaccio” in un’aula di allievi appena conosciuti nell’eccellente college Welton nel cuore del Vermont: dunque oggi, non per questo contraddicendolo, in un insieme relativo appunto ad autori di versi, accettiamo di esaminare e consultare con cura la hit-parade elaborata in conclusione dell’estate dallo staff delle Librerie Feltrinelli.Szymborska FOTO

È l’esito del trend economico delle raccolte di poesia presenti nel 2016 in centoventi negozi sparsi nell’Italia intera. Sebbene affiorino preferenze curiose, talora autentiche sorprese, l’elenco dei cento volumi poetici al top delle vendite costituisce la riprova di un forte e massiccio coinvolgimento dell’acquirente, ottenuto dall’apparato informativo-promozionale, nei confronti di artisti e titoli: ciò avviene in un robusto incrocio di forze congiunte tra stampa quotidiana e periodica, pubblicità a pagamento, televisione, radio e social network. Non altrimenti si potrebbe interpretare la manifesta passione per Alda Merini (1°, 7°, 14° e 29° posto) e Wislawa Szymborska (3°, 20°, 40° e 46°), nonché l’emergere in cima alla graduatoria di Pablo Neruda (8°, 9°, 26° e 41°), Edgar Lee Masters (5°) e Jacques Prévert (10°), assidui nell’immaginario collettivo, anche nell’aura – pur rispettosa – di un semplificatorio schematizzare e citare.

Ne hanno tratto vantaggio gli “autori d’amore” o dell’eros, non suscitando meraviglia, forse in un utopico omaggio a quanto il mitico Charlie Chaplin una volta suggerì: «La poesia è una lettera d’amore indirizzata al mondo». Pertanto, non sembrerà limitativa o parziale la denominazione di “repertorio erotico”, vista la presenza di Nazim Hikmet (17°) e Costantinos Kavafis (38° e 42°): intellettuali, peraltro, oggetto di un piano commerciale orientato a trasformare le loro sillogi in booklet cadeau, in plaquette ridotte al minimo, in coloratissime micro-editing da taschino, dislocate ad hoc all’ingresso dei bookstore o vicino alla cassa. In un’ipotesi ironica (in piena cordialità), potremmo figurare i loro versi non più depositati – sempre allo scopo lodevole di promuoverli al massimo – in un breve messaggio inserito su carta lievissima, nell’involucro argentato del cioccolatino Bacio Perugina, meditato con estro ai tempi della mia gioventù; piuttosto, sarebbero candidati a essere ospitati in un foglietto da estrarre, ad esempio, dai fortune cookies, secondo l’opinione diffusa da alcune battute maliziose di personaggi noti di popolari telefilm statunitensi.

Baudelaire FOTO

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», spiegava Italo Calvino, il cui racconto dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (ricomposto in prosa alternata a strofe originali) si afferma 13°. Ma lo chapeau va ai Fiori del male di Charles Baudelaire (2°), al grandioso tardo-romantico americano Walt Whitman (12° e 47°) con Foglie d’erba, ai Sonetti (15°) di William Shakespeare (al Bardo può darsi abbiano giovato, e sarebbe un ottimo dato, i molteplici e “affettuosi” adattamenti teatrali realizzati nelle recenti stagioni). Giungiamo, quindi, a Emily Dickinson (19°), la quale confessava: «Se mi sento fisicamente come se una parte della mia testa mi venga asportata, io so che questa è poesia». Il 25° gradino è attribuito, poi, al nostro Giacomo Leopardi, chissà perché in onore delle prose dei Pensieri e non dei Canti. In 43a posizione è salda la Divina Commedia di Dante Alighieri, concepita in terzine incatenate di endecasillabi in volgare fiorentino.

«Ha scritto più libri di quanti ne abbia mai letti», evidenziava il giornalista Massimo Gramellini vent’anni orsono a proposito di Walter Veltroni: la frase velenosa, sappiamo, fu coniata ancor prima per Enzo Biagi da un collega invidioso, nonostante fosse stata maturata in una visuale considerabile esatta. Nell’ambito poetico, gli ultimi decenni hanno registrato un fenomeno analogo: gli autori (o aspiranti tali) non mancano, la carenza è nei lettori. E gli stessi scrittori, soprattutto i non professionisti, addestrati a divulgare sia in volume, sia in rete, pronti a far co-agire copie cartacee auto-finanziate e self-publishing, hanno difficoltà non di rado, per motivi inerenti la distribuzione, ad ascoltare la voce poetica altrui “stampata”, cioè a interpellare i messaggi delle sillogi rilegate di un “compagno di ventura”.

Parlare di “rinascita editoriale” della poesia in senso globale sarebbe magari azzardato: la lista della Feltrinelli non fornisce infatti quantità, indicando però alcune linee di tendenza. In primis geografiche: i versi risultano graditi principalmente a Roma, Milano, Napoli e Torino, in misura inferiore a Varese e a Verona. Le provincie caratterizzate dal maggior numero di vendite sono Imperia, Lecco, Grosseto e Nuoro, con in coda Genova e Cesena. Da una prospettiva generazionale, è dimostrata la latitanza dei destinatari tra i 15 e i 24 anni (meno del 7%) e il consistente apporto invece assicurato dalla fascia di età 45-64 (14%-15%), con una garanzia costituita dai compratori nel range 25-44 (quasi il 12%) e 65-90 (oltre il 10%). Byron FOTO

Tornando alla lirica italiana, i suoi testimoni del Novecento non conseguono buone qualificazioni, rappresentati solo dai prestigiosi Cesare Pavese (18°) ed Eugenio Montale (31°). Successo ampio acquisito, al contrario, da due poetesse viventi, Chandra Livia Candiani (27°) e Mariangela Gualtieri (35°). Ma la sorpresa è nello spazio alto della classifica: Cento poesie d’amore a Ladyhawke (4°), canzoniere d’esordio del milanese Michele Mari, e Metroromantici, i Poeti Der Trullo (6°), sette autori sotto lo pseudonimo di altrettanti ragazzi immaginari della periferia della Capitale. Di notevole interesse Che dice la pioggerellina di marzo. Le poesie dei libri di scuola degli anni Cinquanta (11°), curata da Piero Manni, antologia dei brani più frequenti sui banchi di elementari e medie del periodo.

E George Byron? Mantiene un nobilissimo 23° posto assieme a John Keats e Percy Bysshe Shelley nella raccolta I ragazzi che amavano il vento a cura di Roberto Mussapi.  Niente male, per essere «poco ballabile». Del resto, anche Carl Sandburg, insigne membro del celebre e innovativo “gruppo poetico di Chicago” nel secolo scorso, volendola definire in assoluto, aveva proclamato: «La poesia è un’eco che chiede all’ombra di ballare».

 

 

2 Commentia“La hit parade della poesia”

  1. Lascia che sia poesia l’ultima parola
    Prima che il lungo silenzio sia il tuo respiro.

  2. Ottima recensione che fa splendere il sole sulla poesia. Grazie Cinzia. Sono d’accordo anch’io: Byron è poco ballabile, ma è al 23° posto. Quindi qualcuno balla di sicuro: chi vende!

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