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La mia giornata da boy scout

DSCN1291  Vero, Roma è un casino, nulla o quasi funziona come dovrebbe, traffico, sporcizia, degrado e incuria di residenti e non e tuttavia c’è qualcosa che va e l’ho sperimentato di persona, direi quasi come protagonista. Dunque, me ne tornavo a casa risalendo via di Sant’Ippolito quando ho messo il piede su uno di quei tanti lucernari di vetrocemento che costellano i marciapiedi. Per mia fortuna non cammino cliccando sullo smartphone come fanno molti, senza neanche guardare dove vanno, altrimenti sarei finito dentro al buco. In luogo della piastra un piccolo abisso, ovvero lo spazio sufficiente per incastrare piede e gamba, con effetti catastrofici, soprattutto per una persona anziana.

  Mi fermo e blocco subito appunto una persona anziana, poi cerco qualcosa per  tappare il buco in modo provvisorio e, nel contempo, telefonare ai servizi comunali. Una signora volenterosa mi aiuta a trovare una mattonella, la piazzo lì e scappo a casa a chiamare lo 060606 che già in tempi lontani mi aiutò in una situazione analoga. Ma sono passati setto od otto anni e mi chiedo, con quello scetticismo che i tempi attuali non possono non provocare, se funziona ancora bene come allora. Faccio il numero, attendo qualche minuto poi “Buongiorno sono Silvia, come posso aiutarla?”. Parlo del mio problema, la ragazza mi mette in contatto con i vigili ed ho l’assicurazione di un pronto intervento. Sarà così?

  Pranzo, faccio una breve pennichella e riesco, dirigendomi subito sul luogo dello scampato disastro, almeno spero. E infatti qualcosa è avvenuto, da lontano vedo una sorta di transenna e due persone in divisa che la piantonano. Mi avvicino, sono due simpatici giovanotti della Polizia Locale, ci ringraziamo reciprocamente, io loro per essere intervenuti e loro me per aver dimostrato senso civico. Già, Il senso civico, quella cosa strana che scarseggia sempre più in una città che, un tempo, era a  misura d’uomo. Un tempo ormai remoto, come dico ai due ragazzi, citando i miei anni, quelli dell’Italietta in canottiera, povera ma dignitosa, dove c’era lo spirito di solidarietà. Poi tutto si è progressivamente diluito, fino al becerume attuale, dove ognuno pensa per sé e chissenefrega degli altri.

  In effetti quel buco c’era da prima ma nessuno ha creduto opportuno fermarsi e, quantomeno, avvisare o mettere una pezza, per così dire. Niente, hanno tutti tirato innanzi e, a questo proposito, i due amici della Locale me ne raccontano di aneddoti sulla strafottenza che ormai impera nell’Urbe millenaria. Di piccolo e grande cabotaggio, dalla cosetta trascurabile al teppismo dilagante, che provoca danni ma anche, purtroppo, vittime (vedi l’attuale moda del pugno-e-vai della movida trasteverina). Deprimente, una città che ha perso quasi del tutto il senso dell’etica, il rapportarsi all’altro, anche se, per fortuna, sussistono zone franche, dove ancora l’interscambio umano è una regola. Ci lasciamo con molta cordialità e la (vana?) speranza che qualcosa cambi in meglio, non foss’altro perché abbiamo un magnifico esempio oltretevere. Mi riferisco a papa Francesco, l’unica persona seria in questo paese dove ormai tutto è approssimativo, a cominciare dall’alto, dalla casta dei politici.

  Mi avvio dove ero diretto, ad un incontro culturale (sì, la cultura, l’unica cosa che, affinandoci, può farci riscoprire la nostra umanità), quando ho un’altra dimostrazione dell’ignavia cittadina. A viale delle Provincie, sulle strisce, una ragazza non vedente tasta col bastone bianco ma è fuori linea e si spinge pericolosamente verso la piazza, dove il traffico è caotico. Un giovane la sta guardando ma senza intervenire, “dàlle una mano, c…!”, grido, alla Schettino, e attraverso di corsa prendendola sotto un braccio e guidandola nella giusta direzione. Dopo mi rendo conto che ci sono altre persone intorno e tuttavia nessuno si è fermato.  Ma che schifo di città sta diventando la nostra città?

  Un luogo non adatto agli invalidi, anzi, assolutamente ostile e me ne accorsi già negli anni ’80, quando mi ruppi una gamba in montagna. Ed erano gli anni 80, cioè più di trenta primavere fa e nulla è cambiato, si sta solo peggiorando e basta vedere, come esempio, le piste dei non vedenti tracciate sui marciapiedi. Sono tutte frantumate dalle moto, per non parlare degli stessi marciapiedi, spesso dissestati dal   solito suv che vi parcheggia sopra (fa molto fico salirci con una ruota e scendere sbattendo forte lo sportello mentre si parla al cellulare: a voce alta, perché si discute  sempre di cose importanti). E la teppa metropolitana dove la mettiamo?

  Ma non finirei più e sarebbe la solita invettiva sullo sfacelo antropologico che ormai rischia di soffocarci. Mi resta la consolazione di aver fatto il mio dovere di cittadino ma non è che me ne vanti, dovrebbe essere una cosa normale per tutti, perché il senso civico deriva appunto da “civis”, cittadino. Quindi una cosa scontata, almeno così la penso. O sono un illuso?

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