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L’organo di Santa Maria in Campitelli

organo_b  E’ proprio vero, ad una chiesa che sia priva della voce dell’organo manca qualcosa. Quelle note fra le navate sono una vibrazione in più che al credente addolcisce la preghiera o, a chi semplicemente ascolta, provoca un godimento tutto interiore. E così è stata una duplice festa quella svoltasi in Santa Maria in Campitelli, la cerimonia per il restauro dell’organo situato nella cantoria sopra l’ingresso principale. E’ un’elegante struttura che risale al 1909, quando la ditta austriaca Rieger Jagendorf lo installò nella chiesa in occasione del terzo centenario della morte di San Giovanni Leonardi, fondatore della “Propaganda Fide” (e patrono dei farmacisti), che esercitò il suo ministero in Santa Maria dove è sepolto.

  Fu Filippo Capocci, organista e poi maestro di cappella in San Giovanni in Laterano, nonché accademico di Santa Cecilia, ad inaugurare uno strumento che lui aveva espressamente voluto. Capocci era un riformista, membro di quel “Movimento Ceciliano” che stava riformando la musica sacra, con Lorenzo Perosi fra i suoi principali esponenti. Insieme a Giovanni Tebaldini e Marco Enrico Bossi riformò non solo il linguaggio ma anche l’aspetto tecnico dello strumento, in parte legato alla tradizione operistica ottocentesca. Capocci progettò gli organi del coro di San Giovanni in Laterano, dove lui suonava, realizzati dalla ditta Morettini, mentre il Rieger, oltre che a Campitelli, venne montato a San Carlo ai Catinari e al Tempio Maggiore, la sinagoga ebraica, dove si trovano tuttora.

  Due manuali, 56 tasti, pedaliera alla tedesca, 25 registri e una  folla di canne che danno un tocco di monumentalità all’organo di Santa Maria in Campitelli, restaurato con scrupolo filologico dalla ditta Pinchi di Foligno. Un restauro conservativo reso possibile dalla Fondazione Irti che ha permesso di riascoltare i suoni dello strumento muto dal 1980 ed ora tornato alla sua originaria gamma timbrica. Dopo la benedizione e l’attestato di riconoscenza al prof.Natalino Irti e consorte per il loro mecenatismo il concerto inaugurale,  con la voce dell’organo in fuga fra le navate, da sola o accompagnata da un quintetto di ottoni. Una performance davvero memorabile, non soltanto per la resa in sé, l’organo che ripropone fedelmente il “melos” di passaggio fra sonorità tardoromantiche e nuove inflessioni, ma per lo spettacolo nel suo insieme, con gli ottoni decentrati nella tribuna accanto la cantoria, all’antica veneziana.

  Introduce la “Marcia eroica” di Anton Phibes, il cui svilupparsi ampio e disteso mette in risalto le capacità dello strumento che, nei “4 pezzi in forma di Suite”, di Filippo Capocci, colgono quel momento di passaggio di cui dicevo prima. Ed è tutto un gioco quasi modulare, con le tonalità operistiche sfumate in un discorso nuovo che sta prendendo forma. E dopo un salto nel tempo con gli splendori della Serenissima della “Sonata del Pian e del Forte” di Andrea Gabrieli, uno dei massimi esponenti della Scuola Veneziana qui rievocata anche visivamente (gli ottoni disposti come dicevo sopra), ritorniamo nel XIX secolo.    organo_1b

  Anton Rubinstein, il fondatore della scuola pianistica russa, con “Réve Angélique”, all’organo, tutto sullo sfumato, Richard Strauss con “Solemn Entry”, per quintetto a fiati ed organo, dalle risonanze wagneriane, César Frank, il cui “Pezzo eroico” per organo propone quella forma ciclica che era la caratteristica peculiare della sua musica. E, ancora, Max Reger, nel centenario della sua morte, “Benedictus” e “Te Deum”, brani per organo che, nella loro scala armonica, sembrano anticipare Hindemith, Nino Rota, il sodale del grande Fellini, “Romeo and Juliet”, colorito arrangiamento di Vittorio Pasquale per quintetto a fiati, Vincenzo Bellini, una densa ma agile “Sonata per organo” e, in chiusura, di nuovo Anton Phibes, con la festosa “Toccata-Campitelli” per organo.

  Inutile dire che il rinnovato organo Rieger ha superato l’esame di prova a pieni voti, merito del solista, Franco Vito Gaiezza, ovvero Anton Phibes, il quale ha messo nel giusto risalto le capacità timbriche dello strumento. Notevole poi, nei brani compositi, la sincronia con il Quintessenza Brass, cinque professionisti che non si può non citare: Michele Lotito tromba, Giovanni Perciante tromba, Fernando Servidone corno, Salvatore Fragapane trombone, Fabrizio Della Corte tromba.

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