Messer Luca da Cortona
Messer Luca da Cortona
di Antonio Mazza
“Fu Luca persona d’ottimi costumi, sincero et amorevole, con gl’amici, e di conversazione dolce e piacevole con ognuno, e soprattutto cortese a chiunque ebbe bisogno dell’opera sua e facile nell’insegnare a’ suoi discepoli”. Così il Vasari nelle “Vite” a proposito di Luca d’Egidio di Ventura , ovvero Luca Signorelli, pittore di Cortona fra i più importanti del Rinascimento italiano. Nasce nel 1450 e muore nel 1523, a cavallo fra due secoli, vivendo così in pieno la fase di transizione e rinnovamento del linguaggio artistico locale e nazionale. Un percorso molto stimolante che viene riproposto nella sua città natale, a Palazzo Casali, per celebrare l’anniversario della morte, “Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia”. Trenta opere di magnifica fattura e, come corollario, gli itinerari suggeriti per scoprire altre sue opere di rilievo, all’interno di Cortona e poi in Umbria, Toscana e Marche, dove messer Luca lasciò testimonianza della sua arte.
Andò presto a bottega da Piero della Francesca, almeno a quanto riportano Luca Pacioli e Vasari, che nota come “molto nella sua giovanezza si sforzò d’imitare il maestro, anzi di passarlo”. Poi, gradualmente, trovò il suo stile, affrancandosi dai moduli di Piero, da quel linguaggio molto particolare, che sembra come sospeso fra terra e cielo, ma di lui mostra di aver ben appreso la lezione umanistica. Così “Madonna col Bambino, San Giovanni Battista e un santo” (1485-87) o “Cristo in casa di Simone il fariseo” (1488-89), sviluppato tutto in orizzontale, dove, oltre al superamento degli schemi agiografici in cui erano solitamente racchiuse le sacre rappresentazioni, si afferma un dinamismo scenico che sarà la costante di Signorelli. E tale traspare da due opere quasi coeve ed entrambe splendide, due capolavori assoluti: “Crocifisso con Maria Maddalena (1490-98) e “Annunciazione” (1491).
Il tema della Passione torna in un altro capolavoro, “Compianto sul Cristo morto” (1502), per la chiesa di Santa Margherita di Cortona, dove Luca avrebbe rappresentato il figlio Antonio ucciso dalla peste (si trova nel Museo Diocesano, fra gli itinerari signorelliani). In entrambe le opere ciò che risalta subito è il colore e la sua funzionalità drammatica che tende ad esaltare la tensione plastica delle figure (il gesto accorato della Maddalena, la piccola folla sgomenta intorno al corpo di Gesù). E Luca, come spesso avveniva nelle rappresentazioni pittoriche, ne accresce il contenuto narrativo. Così nel Cristo con la Maddalena a destra in alto svetta una Deposizione, mentre nel Compianto la scena è divisa in due, a sinistra il Golgotha con le tre croci, a destra la Resurrezione. Molte le citazioni perché Luca ha al suo attivo esperienze preziose, la Santa Casa di Loreto, La Cappella Sistina accanto al Perugino, il soggiorno in Umbria, Firenze, quindi un insieme di suggerimenti stilistici, dai ferraresi a Filippino Lippi (vedi “Annunciazione”), a Raffaello, a Botticelli.
La sua personalità pittorica si evidenzia nel modo di delineare le figure, con un tratto deciso e tuttavia morbido, che si riverbera nella fisionomia dei personaggi, anche nei momenti più intensi. La serenità che traspare da “Sacra Famiglia con una santa” (1491-92), “Madonna col Bambino e un pastore” (1491), “Madonna col Bambino fra i santi Girolamo e Bernardo” (1493-93) e il più tardo “Madonna col Bambino e i santi Michele Arcangelo, Vincenzo, Margherita da Cortona e Marco” (1510-12), restaurata per la mostra, splendida composizione su due piani, in alto la parte sacra con l’arcangelo che pesa le anime e quella dannata precipita in basso, dove l’attende Satana, sotto i piedi della Vergine, da lei separato da un cordone di piccoli angeli. Tutti tondi di grande bellezza, che ritroviamo in una predella a tre riparti: “Annunciazione”, “Adorazione dei pastori”, “Adorazione dei re Magi” (1493-95). Ed anche in “Santa Maria Maddalena” (1504), dove si avvertono suggestioni della pittura veneta.
Toni vividi, sempre, che, come già detto, modellano le figure e che trovano prima la maturità nelle “Storie di San Benedetto” che Luca Signorelli affrescò insieme al Sodoma nell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nel senese (1497-98) e poi la perfezione nel Giudizio Universale della Cappella di San Brizio, nel Duomo di Orvieto, ciclo iniziato dal Beato Angelico con l’aiuto di Benozzo Gozzoli. Opera possente, che impegnò Luca dal 1499 al 1504 e che, nella struttura generale e nel particolare (i famosi “ignudi”), influenzò Michelangelo per la Sistina (“alcune cose del suo divino Giudizio furono da lui gentilmente tolte in parte dall’invenzioni di Luca, come sono Angeli, demoni, l’ordine de’ cieli et altre cose, nelle quali esso Michelagnolo immitò l’andar di Luca, come può vedere ognuno”, scrive il Vasari).
Luce e poesia, come recita il titolo della mostra, che si ritrovano in pieno nella famosa “Pala di Matelica”(1504-5), smembrata e dispersa ed ora in parte ricomposta, sei frammenti di straordinaria grazia (in particolare “Testa e busto del Cristo morto”, “Testa della Madonna” e il sorprendente “Uomo su una scala”). Grazia che deriva anche dalla cura anatomica delle figure, memoria visibile del soggiorno romano di Luca, quando era affascinato dall’antichità classica (emblematica, in questo senso, “La flagellazione”, 1509-13, dai toni cupi e marcati). Grazia che impregna un naturalismo narrativo di forte impatto emozionale, come nella “Adorazione dei pastori” (1509-13) o “Assunzione delle Vergine” (1519-20), che fa inevitabilmente pensare alla raffaellesca “Pala degli Oddi” (la parte inferiore). Ma è nella “Comunione degli apostoli” (1512) che, a mio avviso, si raggiunge il culmine della grazia, in questo quadro pervaso da una “pietas” addirittura commovente.
Il colorismo acceso e la dinamica figurativa evocano il miglior Raffaello, così come la dolcezza di toni rimanda al Perugino. Questi e Signorelli sono le due personalità di spicco di un periodo peraltro ricco di fermenti ma differiscono nel linguaggio, un po’ trasognato, com’è tipico della pittura umbra a cavallo fra ‘400 e ‘500 (vedi anche Pinturicchio), quello del Perugino, più realistico e innovativo quello del Signorelli. Il cortonese fu uno dei maestri preferiti dei Nazareni, il movimento di artisti tedeschi che, attivi a Roma nella prima metà dell’800, praticavano un purismo pittorico ispirato ai modelli del primo Rinascimento italiano.
Purezza. E Luca Signorelli ne aveva da vendere.
“Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia”, a Cortona, nella sede del MAEC, Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona, fino a 8 ottobre 2023. Tutti i giorni h.10-19, biglietto intero euro 10, ridotto 7. Per informazioni signorelli500. com e cortonamaec.org . La mostra, a cura di Tom Henry, è promossa dal Comune di Cortona e dal MAEC, sotto l’egida del Comitato Nazionale per le celebrazioni ed organizzata da Villaggio Globale International. Inoltre il patrocinio del Ministero della Cultura e del Ministero del Turismo, la collaborazione dell’Accademia Etrusca ed il sostegno della Regione Toscana e della camera di Commercio di Arezzo-Siena, oltre a sponsor privati.
|
[…] http://www.newsartecultura.it/index.php/messer-luca-da-cortona/?fbclid=IwAR1cJaTC4x34pcmDJn7oloUGBF2… […]
Belli in quest’articolo i necessari e dettagliati rimandi all’opera di Michelangelo, Perugino e Raffaello.
Articolo puntuale e preciso, non solo sulla descrizione delle opere più importanti della mostra ma soprattutto sulla loro valenza artistica e stilistica. Agevole la forma e piacevole la lettura.