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PICCOLE STORIE DI COSE CURIOSE

Spigolare su varie curiosità che riguardano una città come Roma, così importante e ricca di storia, è per me un vero piacere, ma cercherò di raccontare cose curiose e gustose in maniera sintetica e niente affatto pedante. Gli amici lettori, stiano, dunque, tranquilli perché non si annoieranno.

 La campanella di S. Onofrio

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Il convento di Sant’Onofrio sul Gianicolo fu l’ultimo ricovero, peraltro assai gradito, di Torquato Tasso, l’autore della  Gerusalemme Liberata e Conquistata, del Rinaldo, dell’ Aminta e di molte rime. Il Poeta, già assai apprezzato dai suoi contemporanei e dalle varie corti italiane, fu ospite in diversi periodi della sua vita, sia degli Estensi di Ferrara che dei Gonzaga di  Mantova.

Il grande poeta condusse una vita assai movimentata e  non priva di tormenti che col passare del tempo si trasformarono in paure ed ossessioni, tanto da essere rinchiuso in  catene a  S. Anna,  una specie di carcere-manicomio.

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Dopo varie vicende, giunse  a Roma verso la fine della sua non lunga vita e trovò la pace nel Convento di  S. Onofrio, tra il verde lussureggiante della collina del Gianicolo da cui l’occhio si inebriava dalla stupefacente bellezza della città dei Cesari e dei Papi, solcata dal placido Tevere che si snodava lento e pigro riflettendo la magnificenza dei suoi palazzi e delle sue vestigia.

Durante la sua malattia  e nel periodo della sua agonia, che si concluse con la morte a soli 51 anni, il 25  aprile  1595, la più piccola delle tre campanelle non smise mai di suonare.

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Ma pare che anche le campane non trovano pace e spesso fanno una brutta fine, ma alla gentile campanella che scandiva le ultime ore di Torquato Tasso morente fu riservato un trattamento speciale per merito nientemeno che di Giuseppe Garibaldi in persona.

Come andarono le cose?

VOLTURNO del Fattori

Due secoli e mezzo dopo, durante le lotte che portarono alla proclamazione della  Repubblica Romana, i garibaldini, che avevano bisogno di  cannoni e si trovavano  dalle parti del Gianicolo, andarono in giro a requisire metalli per poi fonderli e farne delle armi e per tale ragione chiesero al Frate Superiore del Convento di Sant’Onofrio tutte le campane disponibili.

Il frate, volente o nolente, non poté che accogliere la richiesta ma pregò il militare di risparmiare la piccola campana del Tasso, vero cimelio storico-sentimentale, ma il soldato rifiutò.

Il frate non si scoraggiò e saputo che Garibaldi aveva in zona il suo quartiere generale, corse da lui e gli raccontò la storia della campanella.

Il Generale, commosso dalla supplica del fraticello, volle accogliere la richiesta e risparmiò la campana.

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Oggi, le tre stanze che ospitarono il Tasso sono diventate un Museo e la campanella viene additata ai visitatori, mentre di un altro ricordo del poeta, la famosissima quercia presso cui era solito sedersi a meditare, è rimasto soltanto un rudere perché il superbo albero, già colpito nel 1842 da un fulmine, in tempi più recenti fu praticamente interamente divorato da un devastante incendio.

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Un abuso edilizio d’altri tempi

Teatro di Marcello (Marcellus Theatre)Esattamente del XII secolo e riguarda il palazzo sopra il ma, badate, dicendo “sopra” non intendo che il palazzo è stato costruito su un’altura a ridosso del teatro, no. Il palazzo è stato costruito proprio sulle mura del teatro e precisamente sopra il terzo piano.

Alla faccia della sua nobile origine!

Il Teatro di Marcello, iniziato da Giulio Cesare, fu completato  da  Augusto nel 13  a. C. che lo dedicò a Marcello, figlio della sorella  Ottavia.

Il  Teatro, sorto in parte sulla curva del Circo Flaminio, aveva una capienza di 14.OOO persone, con un’imponente facciata esterna della gradinata (cavea) alta ben 33 metri  e si sviluppava su tre piani, con in basso uno spazio a semicerchio  per l’ orchestra e dietro l’alta parete della scena.

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Insomma, un teatro in piena regola, bello e funzionale.

Dopo la caduta dell’Impero Romano, però, con il passare dei secoli, le invasioni barbariche  e anche per l’incuria, specie nei confronti di ciò che era stato pagano o non proprio cristiano, tutte le opere pubbliche dell’antichità andarono in rovina o peggio, furono riciclate in maniera selvaggia, senza scrupoli.

Questa fu la sorte che toccò al teatro di Marcello ed oggi nulla di quello che c’ era  all’interno è ancora visibile.

E’ scomparsa la parete  scenica  ed il terzo piano è stato completamente trasformato con l’ apertura delle  finestre.

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Lo scempio  cominciò nel 11OO quando la famiglia nobile dei Fabi  costruì un  fortilizio  formando  un colle nella parte destinata all’orchestra. Da quel momento in poi, la devastazione continuò nei secoli con lo smembramento totale  dell’interno del teatro, il cui nome  fu definitivamente  cancellato  nel 1361quando i Savelli, nuovi proprietari, diedero al complesso il nome loro:  Monte Savello.

Nel   sedicesimo secolo,  quando si passò  dai fortilizi  ai palazzi, nella ristrutturazione di Baldassarre Peruzzi, anno 1517, saltò il terzo piano della facciata del Teatro  e furono demoliti i due primi piani pericolanti.

I guai del glorioso Teatro, però, non erano ancora finiti  e ad ogni avvicendamento di nuovi proprietari la struttura dovette subire nuove trasformazioni e modifiche e quella degli Orsini del 1712 non fu nemmeno l’ultima perché il peggio doveva ancora arrivare.

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Verso la fine dell’8OO, infatti, le arcate del piano terra furono occupate da varie botteghe e l’antistante piazza Montanara divenne sede di un mercato,  con  erbivendoli, carbonai, carri e carretti, animali e venditori vari che strillavano come si strilla nei mercati rionali e, scaricavano merci in una confusione generale.

Finalmente, tra il 1926 ed il 1929 si prese finalmente coscienza di quel degrado intollerabile ed allora il mercato scomparve e così pure le baracche collocate nelle arcate del Teatro Marcello.

L’ambiente fu riqualificato, ma le ristrutturazioni all’interno del teatro-palazzo continuarono.

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 Al giorno d’oggi il Teatro di Marcello ha  ripreso il suo decoro con una notevole ristrutturazione  esterna, ma non è più quello di una volta e Marcello e Giulio Cesare non riconoscerebbero più il loro gioiello, tanto più che un terrazzo, impreziosito da un verde lussureggiante, sta lì in spregio alla sua gloriosa origine.

3 Commentia“PICCOLE STORIE DI COSE CURIOSE”

  1. Gianna Romanello // 16 ottobre 2014 a 19:41 // Rispondi

    Ho portato i miei alunni del II liceo a vedere la Quercia del Tasso prima che l’incendio doloso di un miserabile la riducesse ad un tizzone.
    Che tristezza!
    Però abbiamo visto la campanella ed è stata un’emozione.
    Quanto alla speculazione edilizia consumata ai danni del Teatro di Marcello, nessuna sorpresa, perchè l’Italia è tutta uno scempio e nessuno paga, tranne i poveracci che non hanno santi in paradiso.

  2. Fabio Rusconi // 17 ottobre 2014 a 16:22 // Rispondi

    Abitavo da studente nei pressi di piazza della Rovere e spesso me ne andavo sulla rampa della Quercia a studiare, ma allora non sapevo che sotto quella quercia mi aveva preceduto Torquato Tasso. Lo seppi dopo qualche settimana e provai, lo ricordo bene, una grande emozione.
    Ci tornai l’anno scorso al rientro dalla mia attuale sede, Tolosa, e al posto della Quercia vidi un rudere e mi scappò qualche lacrima.
    Ringrazio un amico di Roma che mi ha segnalato questo ricordo e ringrazio chi l’ha scritto e chi l’ha pubblicato.

  3. Paolo Carsetti // 30 ottobre 2014 a 10:27 // Rispondi

    La Quercia del Tasso è uno dei luoghi più suggestivi di Roma perchè è carico di Storia e perchè è uno straordinario punto di osservazione della città di Roma che, bella e meretrice com’è, ne ha fatte e ne ha viste di tutti i colori nella sua storia pluri millenaria.
    Conosco il piccolo convento e la chiesa di Sant’Onofrio perchè nel chiosco andavo a studiare per l’esame di Storia antica. Vi sono grato per averne parlato.

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