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Lo ricordo ancora, era metà maggio di un ormai lontanissimo 1968, anno turbolento, foriero di grandi speranze per i giovani europei che si riconoscevano in Rudy il rosso, in Cohn Bendit e nel profeta dei profeti, il carismatico Herbert Marcuse che galvanizzava milioni di giovani europei al grido di ‘La fantasia al potere’.
Ed infine un’osservazione, meglio, una constatazione, come posso non farla? La seguente: Gran Bretagna, Francia, Spagna, Olanda sono i Paesi europei che, un tempi non lontanissimi, erano padroni dei sette mari ed avevano colonie in ogni dove. Fiumi di immigrati che oggi arrivano sulle nostre coste provengono da Paesi già colonie dei succitati Paesi dell’Unione Europea che oggi si rifiutano di accoglierli, sia pure in percentuali modeste. Cioè, per dirla tutta, rifiutano di adottare una disposizione del Governo dell’Europa. Se così è, vuol dire che sostanzialmente siamo al “rompete le righe” e al de profundis del sogno europeo.Copyright © 2025 | Theme by La Voce di Tutti



Analisi cruda, spietata, ma quanto mai corretta. L’Europa, ad oggi, è solo una finzione politica posta in essere per favorire scambi commerciali e finanziari finalizzati all’ottimizzazione e alla massimizzazione del profitto di pochi con la spinta di molti.
L’atteggiamento dei Paesi del Nord Europa e della camaleontica Francia è non solo insopportabile, ma indegna. Meglio, molto meglio, la vecchia Europa a confronto di questi gretti mercanti senza anima.
Hai detto ciò che tutti pensano e pochi dicono e sono contento di aver letto cose che avrei voluto scrivere io.
Mi compiaccio e spero che qualcosa si muova in questo carrozzone che si è aggiunto a quelli interni
L’idea dell’Europa non è certo nata nel Sessantotto ed è molto probabile che si dimostri molto più resistente e tenace delle attuali (benché bibliche) spinte migratorie o delle reazioni contrarie (benché egoistiche e altamente incivili) messe in scena in questi giorni dai governanti europei e dalle rispettive nazioni, di cui quei governanti sono il fedele e meritato specchio.
Come ogni «idea» che si rispetti, anche quella dell’unione politico-culturale dell’Europa è destinata a restare sempre un passetto al di là delle contingenze temporali e spaziali. La realtà storica può avvicinarsi all’idea fin quasi a sfiorarla, oppure allontanarsene tragicamente, senza tuttavia mai perderla di vista. Non si spiegherebbero altrimenti né gli entusiasmi giovanili, né le delusioni senili della generazione cui, come Enzo Movilia, anch’io appartengo.
Per il cosiddetto «realismo politico» (e per l’incredibile varietà di conformismi e opportunismi che esso genera) ogni disillusione politica può essere un’occasione da prendere al volo, una buona scusa per cambiare idea, per assecondare come banderuole il vento che tira. Ma l’«idea» resta intatta e ancora più evidente, se non altro come valore comparativo, come puro strumento regolativo della ragione umana. Come faremmo altrimenti a riconoscere e a giudicare, giusto per restare in patria, l’appassionato europeista riciclato di punto in bianco in fervente leghista e populista?
La storia europea ha conosciuto tempi peggiori, di recente è sopravvissuta a due conflitti mondiali e gli attuali residenti comunitari farebbero bene a rinfrescarsi la memoria sul loro meno recente passato di migranti, mille volte conquistati, mille volte conquistatori. Farebbero bene ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alle cause reali dei fenomeni migratori, ad aprire gli occhi sulla loro reale portata (quantitativa e qualitativa), di là da ogni paura irrazionale, giustificazione di comodo, falsa coscienza ideologica, ipocrisia politica.
Ma tutto ciò presuppone pur sempre innanzitutto l’«idea», più potente di qualsiasi disincanto.
Caro Professore,
la tua interessantissima analisi non mi coglie impreparato.
Quando io parlo di Europa unita intendo quella immaginata dai grandi “padri” politici di Francia, Germania, Lussemburgo e Italia degli Anni Cinquanta che hanno concepito il modello, andatosi via via allargando geograficamente e restringendo a mano a mano che gli egoismi nazionali infettavano il tessuto originario. Il risultato è stato che ha preso il sopravvento l’economia, con annessi e connessi legate alle sue variabili e ai suoi componenti, ma non si è fatto nemmeno un passetto avanti sull’identità e sull’essenza del nuovo soggetto.
I Paesi egemoni hanno poi fatto il resto.
Il problema emigrazione è solo l’ultimo pretesto per arroccarsi attorno all’orticello di casa, per giunta sarebbe poca cosa dal punto di vista quantitativo se solo avvenisse una redistribuzione dei migranti con un pizzico di umana solidarietà.
Che non è una parolaccia.
Adenauer, Schuman, De Gasperi saranno incazzati neri al pensiero che, che so, perfino l’Estonia, con tutto il rispetto, ruggisce minacciando non so che cosa.
Ricordo perfettamente quella spedizione all’aeroporto di Fiumicino e ricordo l’entusiasmo di noi giovani universitari.
Col senno del poi dico, però, che quell’attesa dell’Europa Unita si giustificava col contesto di euforico ottimismo dovuto ad una crescita dell’economia con ritmi mai più visti. Sull’onda di questo ottimismo che alimentava speranze esagerate ed eccessive, veleggiava anche il sogno di un’Europa unita, forte e con una matrice diversa da quella americana che non pone l’essere umano al centro delle sue attenzioni.
Le cose sono andate diversamente ed oggi sentiamo il vuoto assoluto
Analisi pacata e lucida di un (quasi)fallimento dell’Europa Unita vagheggiata da tanti con una buona dose di ingenuità.
In realtà, a parte la brutta figura fatta con la storia degli immigrati, il problema dell’Europa è all’origine. Come si fa a credere che Paesi lontanissimi tra loro per forza economico- finanziaria, industriale, militare, demografica, territoriale, siedano allo stesso tavolo con uguale potere decisionale?
Persino in un’assemblea di condominio l’appartamento con millesimi più alti prevale su quello più piccolo, dunque di cosa parliamo?
Può la Grecia (che va tristemente di moda per la sua tragica situazione)tenere testa, con la forza del voto, alla Germania, alla Francia e alla Gran Bretagna?
Ma quando mai!
Bene che vada, l’Europa attuale (e secondo me anche quella futtura) può solo accordarsi su questioncelle marginali per dare l’impressione che qualcosa riesce a fare.
Il resto sono chiacchiere, fumo e niente arrosto.
Caro Enzo,
d’accordo su (quasi)tutto. Ti sei domandato, in questo contesto, dov’è l’Onu, qual è la sua funzione, il suo significato, in altre parole la sua ragion d’essere? Un’organizzazione pletorica che conta nulla, anzi “conta” gli stipendi per pagare i super burocrati. “Solidarietà”? Da chi e come, quando? Ognuno si fa i c…. suoi, senza pensare a nulla e, soprattutto, dimenticando “come eravamo”, quando agli inizi del secolo, tedeschi, inglesi, francesi e italiani abbiamo invaso gli Usa in cerca di cibo. Ma tant’è. Un abbraccio.
Caro Pietro,
proprio ieri, invitato da alcuni ragazzi che conosco, ho partecipato ad un incontro organizzato da un’Associazione di giovani universitari ed il tema all’o.d.g. era proprio l’ONU o, meglio, il suo silenzio agghiacciante dinanzi al dramma che si sta consumando sotto gli occhi di tutti.
Le parole più ricorrenti, comprese le mie, erano la fotocopia di quelle usate da te, con un pizzico di rabbia in più.
Sono d’accordo con quanto detto da Roby ed aggiungerei ancora qualcosa.
L’unica possibilità per l’Europa, ma praticamente irrealizzabile, è quella di rinunciare alla sovranità nazionale e formare dei veri Stati Uniti di Europa, ma ho come l’idea che la cosa dia fastidio a molti, sia oltremanica che oltreatlantico.
Visto come si sta sviluppando la situazione greca, è qualche giorno che meditavo di aggiungere qualcosa a quello già detto, non tanto per prevedere quel che succederà, in ogni caso cose non buone, ma per capire cosa è successo.
Siamo tutti più o meno schierati, chi da una parte, chi dall’altra e stringe veramente il cuore vedere il pensionato greco che piange e si dispera o le massaie che non riescono a fare la spesa, o i nuovi poveri che frugano nei cassonetti.
Ma i ricconi e benestanti greci che pagano (quando pagano) tasse risibili? E gli armatori che stanno spostando le sedi a Cipro? E la fuga di capitali?
Chi ha ragione? la Grecia o l’Europa? (leggasi Germania)
Ragioni pro Europa
La Grecia ha fatto poco e niente per entrare nella mentalità europea. Si continua ad andare in pensione a 60 anni, si continua ad evadere allegramente le tasse e l’IVA. Si continua a considerare lo Stato come cosa di nessuno, e non di tutti. Un italiano, residente da molto in Grecia mi ha detto: La Grecia è un paese povero di gente ricca.
A me in un’isola greca, alla richiesta di fattura è stato risposto: Atene è molto lontano…
I 500 miliardi di aiuti sono stati presi con tante garanzie e promesse, mai mantenute.
Ragioni pro Grecia
Il Fondo Monetario è un vampiro succhiasangue. L’unico suo credo è il denaro. La signora Lagarde, ha la stessa sensibilità di un cravattaro, ma di quelli tosti.
La Germania deve smettere di considerare Lander di serie B paesi sovrani, tentando di far cadere governi e immischiandosi nelle loro politiche.
La BCE non può fare il ragioniere miope, che non vede al di là del proprio naso. Oltre all’Economia, esistono anche la Politica, la Sociologia qualcosa che si chiama Morale.
Un punto è chiaro. La Grecia non può uscire dall’Euro, e non perché qualcuno glielo vieti, ma perché sarebbe strangolata e sbranata da una torma di avvoltoi che già volteggiano sull’Egeo.
La Grecia sarà tenuta in una stanzetta buia, come una volta si faceva (mio dio!) con le vecchie zie senza pensione e senza nessuno, augurandosi che morissero presto.
Condivido e sottoscrivo la tua analisi, Maurizio, ma spero che il “caso Grecia”, per il quale nessuno è innocente, comunque la si pensi, serva da lezione per dare una energica sterzata alla rotta impressa dagli gnomi della Commissione Europea, a quelli della BCE di Francoforte e ai belli addormentati di Strasburgo.
Così non si andrà lontano e se così è, prima si sbaracca, meglio sarà per tutti.
Poi, magari, se ne potrà riparlare, ma per adesso le distanze siderali tra i vari membri di tipo culturale, economico, finanziario, normativo, territoriale, ecc. ecc. non consentono di andare oltre qualche accordo commerciale.
Insomma, cosa hanno in comunune la Finlandia e la Grecia, a parte l’interesse di scambiarsi l’olio di fegato di merluzzo con quello di oliva?
Realismo, ci vuole un po’ di realismo, altrimenti si prende in giro la gente e si combinano disastri.
Come quello della Grecia (che ci ha messo di suo).
Pare che qualcosa si stia muovendo e ciò conferma che l’analisi del signor Movilia, fatta peraltro qualche mese fa, era corretta.
Si sta muovendo, dicono, persino l’ONU e la cosa è a dir poco tardiva.
Adesso vediamo cosa succederà, ma io continuo ad essere pessimista perchè i migranti vanno fermati sulle coste nord africane e mediorientali per poter accertarne lo status e stabilire chi può venire in Ruropa e chi no. Così facendo, si spunterebbero le armi agli scafisti e si alzerebbe un filtro contro i male intenzionati che verrebbero in Europa a delinquere.
Il ritardo con cui leggo il bell’articolo sull’Europa e il paventato tramonto di un sogno ha leggermente modificato il giudizio sullo stesso. Chi mi ha preceduto nel commento si trova ora spiazzato dall’improvviso voltafaccia del governo inglese. Cosa è accaduto per nel frattempo? Forse una considerazione sulle possibilità sorte nel mercato del lavoro da una immigrazione di persone di cultura a livello europeo -leggi offerta di asilo per i Siriani della cancelliera tedesca -, o l’ondata di commozione suscitata dalle foto del piccolo annegato apparsa su tutti i media mondiali? O non sarà lo spettacolo delle vittime delle tragedie consumate in terraferma che con i più stravaganti sotterfugi cercano di aggirare le frontiere degli stati europei? Forse questi drammi sono più comprensibili di quelli un po anonimi consumati in mare.
Certo è che questa migrazione di massa necessita di urgentissimi accordi fra gli stati dell’UE. Temo che non sarà possibile arrivare ad un accordo sollecito. Prima o poi qualcosa si farà. Ma a che prezzo !
Anche io con molto ritardo leggo il tuo articolo caro Enzo.
La tua analisi e conclusione mi trova d’accordo e, come segnalato dall’ultimo commento, i fatti che stanno avvenendo in queste settimane in Europa sono tragicamente foriere di brutte nuove per il futuro dell’Europa.
La speranza rimane come rimane la possibilità di sbagliarci .