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Il Carnevale

Non ne possiamo più di questa crisi che ci stringe da un’eternità in una morsa impietosa e cattiva, non è vero?

a    wa qgv1gE allora proviamo a tirare un po’ il fiato e a risollevare il morale, almeno per qualche settimana, perché, crisi o non crisi, è carnevale, sinonimo di allegria, e se per qualche giorno predisponiamo il cuore e la mente ad un briciolo di spensieratezza, lo spirito se ne gioverà sicuramente.

 

E allora,

“chi vuol essere lieto sia,

del doman non v’è certezza”

Dunque, è carnevale, una festa popolare per tutte le età, bambini, giovani e adulti, ma sono i bambini che la fanno da padrone e per non essere meno da loro, anche i giovani e gli adulti ritornano bambini e come loro esprimono stupore incantato dinanzi ai fantastici carri allegorici che sfilano lenti e solenni per le strade di paesi e città. E, proprio come i bambini, anche gli adulti e gli anziani non resistono al fascino di maschere e mascherine che li proietta nel mondo della fantasia. Una fantasmagoria ed un trionfo di luci e di colori, di vivacità e di scherzi, di pioggia e di cascate di coriandoli di tutti i colori, di irresistibili profumi che arrivano da forni che lavorano a pieno regime e dalle pasticcerie che espongono dolci e leccornie che turbano i sensi ed accarezzano il palato ed ogni Regione d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia, sfoggia il meglio delle proprie tradizioni del periodo carnevalesco. Andiamo a vederne qualcuna di queste feste di Carnevale e scopriremo sorprendenti legami tra la fantasia e la storia del luogo.

 Il carnevale asburgico di Arco, provincia di Trento

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Il carnevale di Arco è improntato  alla tradizione asburgica, poiché il Trentino-Alto Adige è stato sotto  la dominazione austriaca fino alla prima guerra mondiale. È  un carnevale raffinato, moderatamente vivace e, presumibilmente, riflette lo spirito ed il carattere del luogo, perché  rievoca le feste che l’arciduca d’Austria Alberto d’Asburgo, zio dell’imperatore Francesco Giuseppe, organizzava ad Arco, sua residenza invernale, in una splendida villa dove riuniva le persone più in vista della politica e della  cultura.

Nel 1876 nasce il primo Comitato  organizzatore delle feste del carnevale con lo scopo di  avvicinare la nobiltà mitteleuropea  alla popolazione della città. Le manifestazioni durarono fino al 1910, poi furono abolite perché erano veicolo ed occasione di manifestazioni contro l’Austria. Dopo la prima guerra mondiale le feste furono ripristinate in tutto il loro splendore e  durano ancora ai nostri  giorni. Le manifestazioni  iniziano il venerdì di carnevale con un concerto di operette nello splendido salone delle feste del Casinò di Arco e vi prende parte un nutritissimo stuolo di figuranti  vestiti con gli eleganti costumi del tempo degli Asburgo. Il sabato, nel centro di Arco, vengono  rievocati i vecchi mestieri artigianali tipici di quei luoghi ed il pomeriggio, dieci carrozze d’epoca vengono messe a disposizione  dei cittadini e dei forestieri  per visitare la città. Il clou della manifestazione si raggiunge nel tardo pomeriggio, all’arrivo in carrozza dell’arciduca Alberto e del re Ferdinando II di Napoli nel centro della città, tra due ali di folla osannanti. Poi, a sera inoltrata, il gran galà asburgico nel salone delle feste della villa, realizzato esattamente  come nel passato.  Ricevimento degli ospiti  da parte di un gruppo musicale  zigano, personaggi vestiti rigorosamente  secondo la tradizione storica, cena realizzata secondo un ricettario del 1860, orchestra  d’archi, musiche viennesi e valzer suonati fino a tarda notte. La domenica è il giorno della sfilata delle maschere tradizionali, precedute da carrozze che accompagnano la Corte  ad un gazebo  da cui è possibile presenziare alla manifestazione.  In questo modo solenne e romantico si conclude il carnevale più nostalgico del bel tempo passato.

Il carnevale di Mamoiada, provincia di Nuoro

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Si tratta di un  carnevale austero, con personaggi  silenziosi e misteriosi. I protagonisti sono i “Mamuthones”, specie di pastori, e la manifestazione ha origini antichissime e sicuramente pagane. I mamuthones  seguono, infatti,  un rituale antico di  cui non si sa nulla, ma si fanno varie ipotesi sulle sue origini, tra le tante due sembrano le più convincenti. Secondo la prima, i mamuthones potrebbero rappresentare dei pirati turchi che durante le loro scorrerie furono imprigionati ed esposti alla berlina. Un’altra ipotesi farebbe pensare ad un antichissimo rito romano  durante il quale le donne venivano  frustate perché divenissero fertili, o altro ancora, ma sono solo ipotesi più o meno attendibili. Sta di fatto, però, che i mamuthones  portano un fazzoletto  da donna sotto il classico berretto sardo, hanno camicia e pantaloni bianchi, gilé rosso ed un giubbotto peloso di sopra. Sulla schiena portano  un mazzo di campanacci e dei sonaglini e sul viso una maschera di sughero,  o di legno di fico, e  sono imprigionati con delle funi  tenute dagli “issohadores” , ossia i funai. La mascherata dura dalle tre del pomeriggio fino a mezzanotte, ma i mamuthones, a differenza di  altre maschere di regioni diverse, non si abbandonano ad abbuffate pantagrueliche, ma mangiano e bevono in maniera molto moderata, come per rispettare un rito. La manifestazione dei mamuthones inizia  il giorno di S. Antonio Abate, il 17 gennaio, quando   fanno la prima apparizione a Mamoiada girando per la città e sostando attorno  ai vari falò che vengono accesi per la festa. La seconda loro apparizione avviene il martedì grasso quando si presentano  dodici mamuthones e  otto issohadores e le esibizioni hanno un che di misterioso e di vagamente inquietante.

I mamuthones si muovono, nel silenzio della folla, con passo lento, cadenzato e un po’ impacciato. Di tanto in tanto si fermano, scuotono una spalla facendo suonare sonagli e campanacci insieme, poi riprendono la marcia con passo normale facendo ogni tanto tre brevi salti e producendo gran chiasso, mentre gli issohadores fanno schioccare le corde a mo’ di frusta, scherzano con la folla facendo finta di catturare qualche persona che cerca di sottrarvisi suscitando le divertite risate degli spettatori. Alla fine della  sfilata, nel luogo di ritrovo, dei grandi calderoni colmi di fave messe a cuocere con pezzetti di lardo, servono a ristorare la popolazione, il tutto innaffiato da boccali colmi di generoso vino.

 Finita così la festa in allegria, i misteriosissimi mamuthones se ne vanno, silenziosi come sempre, nel buio della notte.    

1 Commentoa“Il Carnevale”

  1. Gianna Romanello // 8 febbraio 2014 a 9:01 // Rispondi

    Certo che quelle maschere incutono più terrore che allegria, comunque questo è un bellissimo resoconto di come la gente abbia bisogno di uscire dalla realtà di tutti i giorni almeno per qualche ora.

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