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Memorie d’Africa

707530AOI, Africa Orientale Italiana, “la quarta sponda”, la terra promessa verso la quale si imbarcavano centinaia di famiglie in cerca di fortuna. Torme di migranti che il regime inviava per colonizzare quelle terre lontane, facilitandone l’esodo con incentivi e promesse di una vita migliore. In tanti partirono cantando “Faccetta nera”, per affrontare con coraggio e tenacia un’avventura che, di lì a pochi anni, si sarebbe conclusa drammaticamente. Ed è allora interessante ascoltare la testimonianza di chi ci è stato: Franca Zoccoli, all’epoca 7 anni ed oggi 85, la sua memoria di quegli anni racchiusa in “La casa del Balambaràs”.

Oltre a lei il nucleo familiare è composto del fratellino Giovanni, 4 primavere, la piccolissima Simonetta e poi la madre, Tilde, 36, il padre Manlio, 33, e Lisina, 20, la fedele domestica. Il primo a partire è Manlio, ingegnere, per dirigere i lavori riguardanti la rete viaria in Etiopia, una sezione delle nove “strade fondamentali” che devono collegare i vari centri dell’Impero. A lui spetta la cura del tratto Addis Abeba-Lekemti, non lontano dal confine con il Sudan anglo-egiziano, e nella capitale si stabilisce la famiglia, in un villino di proprietà di un balambaràs, importante dignitario di stato.

Qui per i nostri inizia una vita assolutamente nuova, frugale ma dignitosa, simile a quella di tante famiglie italiane che vivono nella colonia. Mentre Manlio passa da un cantiere all’altro trovando anche il tempo di dedicarsi all’hobby fotografico, i ragazzi giocano e vanno a scuola e la madre e Lisina accudiscono casa e curano l’orto dove tengono anche le galline. C’è poi la possibilità di andare al cinema Romano, al circolo a giocare a bridge o trascorrere la serata in lettura o ascoltando la radio Marelli. Intorno è tutto un fervore urbanistico,  agli edifici di uso pubblico si aggiunge una rete viaria eccellente ed ogni cosa risulta qualitativamente notevole, tanto che il Negus, al rientro ad Addis Abeba, definirà gli italiani “più costruttori che guerrieri”, vietando qualsiasi rappresaglia nei loro confronti.

Intanto la vita scorre e quello che più affascina la piccola Franca è il contesto intorno a lei, sia umano che di natura. Gli indigeni con i loro usi e costumi e i paesaggi che ammira nei frequenti viaggi a bordo di un fuoristrada: le ambe, la vegetazione particolare, la Dancalia con i suoi scorci di paesaggio infernale. E poi il viaggio in Italia con l’Ala Littoria fino a Massaua per l’imbarco su una nave del Lloyd Triestino, destinazione Napoli, e piccola sosta al Cairo per vedere le piramidi. Il canale di Suez è aperto ma ancora per poco, Mussolini, ormai succubo di Hitler, dichiara guerra alla “perfida Albione” e, di conseguenza, l’Etiopia, come la Somalia, resta isolata. L’illusione della guerra-lampo dura poco, i rifornimenti non arrivano e, nonostante l’eroica resistenza del Duca d’Aosta, l’amato governatore della regione (subentrato al maresciallo Graziani, criminale di guerra che poi se la caverà con una pena lievissima), è la disfatta. Per la nostra famiglia, come per le tante di coloni italiani che non sono fuggite in tempo, inizia un periodo durissimo, in un Addis Abeba dove la vita diventa precaria causa le bande di shiftà che saccheggiano e spesso uccidono. Dopo un assedio sventato e per evitare il campo di concentramento la fuga avventurosa e l’imbarco sulle “navi bianche” che, per accordo intercorso con gli inglesi, avrebbero rimpatriato donne, bambini ed anziani. 40 giorni di navigazione, il periplo dell’Africa essendo Suez sigillato, con la propaganda di regime a scandire i ritmi di bordo, già in sé abbastanza monotoni. Infine Brindisi, 12 gennaio 1942, il ritorno a Roma e la vita che simbolicamente continua nella piccola Lia, nata in colonia.

Appena 5 anni, tanto dura l’effimero Impero d’Oltremare ed altrettanto il periodo ripercorso sul filo della memoria da Franca Zoccoli. Il quadro complessivo che ne deriva è senz’altro godibile, per quei toni sobri scelti dall’A., dove il quotidiano e l’avventuroso si miscelano nella giusta misura. Una scrittura fluida e mai banale, che evoca bene uno scenario speciale, un mondo che per gli italiani di allora, decisamente provinciali, era senz’altro “esotico”. E l’A. lo descrive ritrovando il sapore dell’infanzia, in quello stupore della piccola Franca innanzi ad una realtà antropologica (e di fauna e di flora) assolutamente “altra”. Un libro dove privato e pubblico emergono da un mondo ed un tempo lontani anni luce dal nostro e ci parlano con il linguaggio di un’Italia che, pur impregnata di propaganda di regime, cercava di costruirsi un futuro con le proprie mani. Poi il sogno s’infranse, ma questa è un’altra storia.

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“La casa del Balambaràs. Una famiglia in Etiopia al tempo dell’Impero Italiano”, di Franca Zoccoli, pagg.175 euro 18. De Luca Editori. Il libro verrà presentato alla Fondazione Marco Besso, Largo Argentina, martedì 18 alle h.17.

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