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Roma e il teatro

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                                                        Roma e il teatro

di Antonio Mazza

  All’inizio era il Mito, l’omaggio alle Terra, il fluire delle forze cosmiche nell’essere che esprimeva così la sua pulsione vitale, in un’estasi di primordiale purezza. La Grecia arcaica e i riti in onore di Dioniso, il dio dell’ebbrezza panica, il dio celebrato nel “kòmos”, il corteo dei fedeli, e nei loro canti, musiche e danze è il germe del teatro. Un germe binario, da un lato la tragedia, originata dal ditirambo, la voce solista che intona un canto al quale risponde il coro, e la commedia, le processioni falliche in onore del dio. Quindi un’origine religiosa o comunque rituale, che viene consacrata dal “pròsopon”, la maschera sul volto, l’assunzione di un’alterità dal valore simbolico, rappresentando l’uomo nella sua complessità, in un percorso che dalla Grecia di Pericle giunge alle sponde del Tevere. “Teatro. Autori, attori e pubblico nell’antica Roma” all’Ara Pacis, promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, a cura di Orietta Rossini e Lucia Spagnuolo. Media partner Rai Pubblica Utilità, Rai Radio3, La Repubblica.

Rilievo con scene di iniziazione.

Rilievo con scene di iniziazione.

  Subito, a ricordare il periodo eroico, erme e ritratti dei grandi, Eschilo, Sofocle, Euripide, il busto di Dioniso, un rilievo con Menade danzante, una “Kylix” (coppa) attica con scene di phallophoria e una lastra di marmo con il “kòmos” rituale, le cui figure rimandano ai misteri dionisiaci e alle cerimonie di iniziazione. Poco è rimasto del ricco patrimonio teatrale greco, che aveva una valenza non solo come spettacolo e rappresentazione in sé, ma come momento di aggregazione sociale. Un teatro dove la parola si accompagnava al gesto in totale liberta (la “parresia”), denunciando i mali e le contraddizioni all’interno della democrazia ateniese, come risulta dai testi di Aristofane, il primo teatro “politico” della storia dell’umanità (nel XV secolo venne rivalutato dagli umanisti con l’edizione completa delle sue commedie. In mostra il volume “Aristofanus Komoidiai ennea”, 1498). E ad Aristofane e i suoi personaggi sono da ascriversi anche le maschere in terracotta del IV a.C. rinvenute in una necropoli di Lipari, maschere spesso di gusto grottesco.  Ovviamente, importato dalla madre patria, il teatro si diffuse anche nelle colonie italiche della Magna Grecia, e ne abbiamo testimonianze cospicue (vedi Siracusa). Qui colpisce l’attenzione una maschera arcaica, del V secolo a.C. rinvenuta a Megara Hyblaea, l’odierna Augusta in Sicilia.

Maschera teatrale, V secolo a.C.

Maschera teatrale, V secolo a.C.

  Il teatro latino è nato dall’incontro e mistione della tradizione greca con quella etrusca, i “ludiones” che avevano un carattere rituale, durante le cerimonie funebri, come rappresentato nel fregio della “Tomba delle Bighe” di Tarquinia, V a.C. E ai “ludi” si riferisce una base di cippo funerario in pietra calcarea con scene di danza e musica, V a.C., proveniente da Chiusi, l’etrusca Clevsins, città della Dodecapoli. Di certo la suggestione della maschera è molto antica, come dimostra una splendida antefissa in terracotta a forma di Sileno del VI a.C. E’ interessante sapere che nell’Etruria l’attore era chiamato “ister” ed un personaggio mascherato della Tomba delle Bighe era nominato “Phersu”. Di qui, nel nascente teatro latino, di Roma, il termine “istrione”, per indicare l’attore, e “persona” per indicare la maschera. Bisogna poi citare le farse o “fabulae atellanae”, in lingua osca, campane del IV a.C. e le farse “fliaciche”, un genere comico-grottesco fiorito nella Magna Grecia del IV a.C. (presenti in mostra con due crateri a campana del IV a.C. ed una maschera del II a.C.).

Antefissa a testa di Sileno, VI secolo a.C.

Antefissa a testa di Sileno, VI secolo a.C.

  La nascita del teatro latino si data al 240 a.C. quando Livio Andronico, greco venuto dalla Taranto espugnata dai romani, scrisse un dramma nella lingua dei conquistatori. In seguito autori importanti come Plauto e Terenzio si cimentarono nella “fabula palliata”, commedia che si ispirava a modelli greci della Commedia Nuova, il teatro di Menandro che, al contrario di quello “impegnato” di Aristofane, narrava del quotidiano, con le sue miserie e le sue virtù (a Terenzio è dedicato un prezioso manoscritto del Codex Vaticanus Latinus, IX d.C.). Ma negli spettacoli che celebravano i ludi erano sviluppati anche filoni diversi, come quello dionisiaco o quello eroico, il mito della fondazione (Nevio, con “Romulus”) o altri di derivazione greca (il ciclo troiano di Quinto Ennio). Così possiamo ammirare un sarcofago con scene del mito di Medea o quello relativo a Fedra e Ippolito, rispettivamente II e III d.C. Commedia e tragedia si compensano, come figura dalle belle maschere in marmo di Sileno del II d.C. e dalla buffa statuetta di Papposileno, stessa epoca, e, di contro, un “Oscillum” (oggetto d’arredo d’appendere al muro) conformato a maschera tragica e un affresco staccato con raffigurata Melpomene, musa della tragedia, entrambi da Pompei, I d.C.

Melpomene, musa della tragedia, I secolo d.C.

Melpomene, musa della tragedia, I secolo d.C.

  Se, come già detto, del patrimonio teatrale greco è rimasto poco, di quello romano per fortuna abbiamo più materiale, spesso ripreso in chiave moderna, come il “Miles gloriosus” di Plauto parafrasato in romanesco da Pasolini. Un grande drammaturgo è Seneca, le cui tragedie (ce ne sono pervenute nove) si ispiravano ai modelli classici dell’Ellade, Seneca precettore del giovane Nerone il quale preferiva la cetra e qualche volta recitava, vincendo (ovviamente) le gare. “…in ginocchio, Nerone attendeva, con finto timore il verdetto dei giudici. E la plebe romana scandiva acclamazioni e applaudiva a ritmo. Poteva sembrare che gioissero, e forse si divertivano davvero, incuranti della vergogna che ricadeva su tutti”, così il severo commento di Tacito nei suoi “Annales”. E a proposito del mestiere di attore , per quanto importante e popolare potesse divenire, per il diritto romana era un “infamis”, quindi escluso dai diritti politici e civili. Ma sul palcoscenico salivano anche i giocolieri, i buffoni (vedi la statuetta di attore comico, II d.C., che figura anche nel logo della mostra), i danzatori, i mimi e qui compare una donna di fama, Bassilla, la sua semplice stele funebre del III d.C. scritta in greco (“A colei che sulla scena il successo risonante d’applausi…i tuoi colleghi ti dicono: stà di buon animo, Bassilla, nessuno è immortale”).

Stele funebre della mima Bassilla, IIi secolo d.C.

Stele funebre della mima Bassilla, III secolo d.C.

  Se all’inizio tutto si svolgeva su strutture di legno, verso la fine dell’èra repubblicana vennero edificate le strutture in muratura, imponenti, come il circo di Pompeo in Campo Marzio, che un video realizzato con un drone permette di localizzare fra i palazzi. Alcuni resti affiorano nelle cantine e la curva interna della cavea è ben delineata dalla piazza di Grotta Pinta, identificabile anche, grazie agli scavi, così come l’esedra del teatro di Balbo, 13 a.C, adiacente alla Crypta, mentre il Teatro di Marcello, 15 a.C., svetta ancora imponente al centro di Roma (vedi i vari plastici). Se ne può immaginare il pullulare di vita durante le rappresentazioni, gli attori con le loro maschere (e qui ve n’è un campionario), l’ambiente del teatro (i magnifici affreschi  con oggetti di scena e copione con tendaggi sullo sfondo, II-III d.C.), la folla di spettatori, il brusìo, le musiche. Ecco, le musiche, gli strumenti d’epoca originali, l’aulos, strumento a fiato di derivazione greca, le tibiae, il sistro, i flauti ed altri riprodotti, la cetra, la lira, lo scabellum, l’organo idraulico (in una sala fluttuano, filologicamente ricostruiti, i suoni dell’epoca, melodie con un che di ipnotico, decisamente fascinoso).

Emblema in opus vermicolatum con maschera di vecchio satiro, 10-50 d.C.

Emblema in opus vermicolatum con maschera di vecchio satiro, 10-50 d.C.

  Con l’avvento del cristianesimo il teatro subì una censura, condannato come forma pagana di espressione da Tertulliano, Agostino e i padri della Chiesa, tuttavia la voglia di rappresentare il mondo e la sua fauna umana tornerà nei ludi medievali.  Manifestazioni di carattere religioso ma già, fra le righe, affiora una parvenza di spirito laico (vedi i “clerici vagantes”) che, nei secoli, maturerà il teatro come lo intendiamo oggi. E trionfa ancora una volta la maschera nella quale greci, etruschi, romani plasmarono quella forma archetipica che racchiude l’uomo e la sua storia.

Maschera di Papposileno, I secolo a.C.

Maschera di Papposileno, I secolo a.C.

“Teatro. Autori, attori e pubblico nell’antica Roma” all’Ara Pacis fino al 3 novembre. Tutti i giorni h.9,30-19,30. Biglietto solo mostra 11 intero e 9 ridotto, cumulativo 16 e ridotto 12 per i residenti, 17 e 13 per i non residenti. Per informazioni 060608 e www.arapacis.it .

I suoni del passato.

I suoni del passato.

1 Commentoa“Roma e il teatro”

  1. Dringoli fabrizio // 26 maggio 2024 a 12:36 // Rispondi

    Piu dotto del solito..ma sempre piacevole..l articolo segue puntuale la nascita e lo sviluppo del testro in grecia..im etruria e a roma..tramite i reperti in mostra..che vengono così inseriti in un intelligente contesto..togliendoli dalla solita anonimita…complimenti dunque Antonio..per la tua opera di appassionata divilgazione..

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