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Esattamente un mese fa ho scritto su questo giornale che il sindaco di Roma Ignazio Marino, pur tralasciando le ridicole e penose giustificazioni riguardanti gli scontrini dei ristoranti pluri stellati della Roma che conta, sarà la persona più onesta del mondo ma si è rivelato, oltre che sorprendentemente vanesio, di una inconsistenza pazzesca sotto il profilo dei risultati attesi e sotto il profilo, come dire? delle scelte personali dell’estate scorsa. Perché? Ma perché in un momento in cui la città, sommersa all’inverosimile dai rifiuti e ridicolizzata agli occhi del mondo intero per la spettacolare provocazione di un funerale imbarazzante, ha scelto di starsene a mollo in mari lontanissimi dal Campidoglio. Intendo quello di Roma, non quello di Washington. Era fine estate, lo ricordiamo tutti, ed era già scoppiato il finimondo nella Roma spogliata, annichilita e frustrata per essersi resa conto in balia di quali personaggi era finita. La gente si guardava incredula e smarrita per il crescendo di notizie terrificanti sul fronte della legalità e, ancor di più, sulla sconfortante situazione del degrado cittadino che dalle estreme periferie dilagava e dilagava come un immondo fiume in piena verso il centro storico fino a lambire i Palazzi delle Istituzioni ed i siti che furono l’orgoglio ed il vanto di questa città. La maestà di Roma, la santità di Roma, cantate da Antonello Venditti, offese e vilipese. E mentre tutto ciò accadeva, lassù sul Campidoglio la poltrona del sindaco si impolverava sempre più perché il professor Ignazio Marino aveva già fatto la sua scelta. “Io me ne sto dove sto, nel mare azzurro dei Caraibi, perché tengo famiglia. Ci pensino assessori e consiglieri, a presidiare il colle della lupa. No, no, io me ne sto qui con mia moglie e con mia figlia”.Copyright © 2025 | Theme by La Voce di Tutti



Mi mangerei la penna con la quale ho tracciato il segno sul nome di questo sindaco che si è rivelato l’esatto contrario di ciò che pensavo.
Ma attribuisco la responsabilità dello sfacelo di Roma anche al PD, il partito che lo ha proposto e poi abbandonato a se stesso.
Inorridisco se penso al suo predecessore, ma non faccio salti di gioia se guardo alle stelle comete in arrivo perchè non ne conosco la caratura.
Ma, insomma, quale maledizione è piombata su questa sventurata città? Chi mai potrà restituirle oegoglio e dignità?
Permettimi una citazione e un gioco di parole:
Il sommo poeta:
E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: “Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?”.
Ed elli a me: “Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”.
Ignavo Marino
Molto efficace questa descrizione della inconsistenza dell’ex sindaco Marino, grande acrobata della parola, fine dicitore e buono solo a promuovere se stesso.
Lo dice uno che lo ha persino votato, ma su questo peccato sono in buona compagnia.
Mai vista tanta incapacità ed inconsistenza, e la colpa è di chi lo ha portato sul Campidoglio, cioè il suo ed il mio (ex) partito. Più avvilito ed incavolato di come sono non potrei essere
Caro Enzo,
Recitare il “mea culpa” per avere votato uno come l’attuale (attuale?) sindaco di Roma, serve a nulla. Ti ho già detto come la penso. In altri tempi e con altri personaggi, la diatriba non sarebbe stata resa pubblica come è accaduto alla stregua di una lite tra comari da cortile. “Così è se vi pare”. Un abbraccio.
Pietro Parisi.
Nel Cinquecento a Roma la politica era una faccenda di famiglia e tra famiglie: Colonna, Della Rovere, Borgia, Medici. Una faccenda di alleanze tra potentati minori e di schieramenti sotto la copertura di potentati maggiori: guelfi, ghibellini, papalini, imperiali, cattolici, protestanti. Il potere locale era perennemente instabile, figlio della contingenza, fondato sull’esercizio della pura e semplice forza (della MIA forza economica, militare, religiosa, ideologica). Unico limite della mia forza era non già la “legge”, lo “stato di diritto” (vaghi concetti, esistenti allora solo nella mente di qualche isolato pensatore, idealista ante litteram), bensì l’esistenza di una forza superiore: della forza di un ALTRO, che io posso però sempre neutralizzare con finte alleanze, false promesse, patti segreti, menzogne e ipocrisie, pubbliche e private.
Era prova di saggezza e di scaltrezza politica, nel Cinquecento a Roma, allearsi con il proprio nemico, vendere indulgenze, costruire cattedrali e, all’occorrenza, spalancare le porte della città a turbe di miserabili assoldate e ripagate con la libertà di saccheggio.
Oggi, per fortuna, i tempi sono cambiati. La politica è diventata una faccenda di mafia e tra mafie. Una faccenda di alleanze tra lobby minori e di schieramenti sotto la copertura di partiti cosiddetti democratici, liberi e indipendenti (in primo luogo dal mandato ricevuto e dai singoli membri partecipanti). La democrazia è garantita da elezioni primarie e secondarie. Il verdetto popolare è tutelato da magistrati e da commissari prefettizi. Il popolo della città è finalmente contento e soddisfatto, perché la legge limita la forza dei (pre)potenti, restituendo in compenso a tutti i cosiddetti cittadini un alibi per astenersi dalla vita politica, dal voto, dalla partecipazione pubblica, un’occasione per chiudersi nel l’anarchia del privato, per occuparsi stanti del proprio particulare.
Prova di saggezza e di scaltrezza politica, oggi a Roma, è trattare l’amministrazione del bene pubblico alla stregua di una spettacolare partita di calcio: a chi potrà importare se il gioco è finto, truccato, corrotto?
A quanto ho capito io Marino è stato solo un pasticcione, il che non fa di lui un disonesto, semmai un incapace. Con tanto di supporters che lo acclamano non tanto per far piacere a lui, quanto per far dispetto a Renzi.
E Roma se gratta!
Maurizio,
carina la citazione ed anche il gioco di parole, ma ti invito a leggere la parte finale del commento di Pinuccio (Pinuccio, docente universitario della Sapienza, è amico mio, ma è soprattutto uomo di grandissimo equilibrio, mai sopra le righe).
Caro Enzo,
il commento di Pinuccio è assai pertinente, mi sembra di capire che cambiano i tempi e i modi, ma la sostanza rimane sempre la stessa. Tanto per restare in tema mi permetto un’altra citazione, questa volta cinquecentesca come il periodo di cui parla il professore:
“Sono tanto semplici li uomini e tanto obediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.”
Machiavelli.
Secondo me è di un semplicità di una profondità e di una modernità stupefacenti
Gli interrogativi posti al termine dell’articolo trovano risposta in
a) L’opposizione politica della parte avversa,
b) la vanità dell’ex sindaco (creatrice di antipatie bipartizan),
c) l’ostilità alla sua presunzione di modificare la circolazione stradale di una fetta importante importante della città in vista di raggiungere una grande visibilità interna ed esterna (leggi pedonalizzazione dei Fori),
d) lo scandalo immenso della cosiddetta “mafia romana” anche se non completamente attribuibile alla sua responsabilità
e) la sempre maggiore invivibilità della vita cittadina (trasporti, immondizia, manutenzione stradale)
f) reazione della sua parte al coro delle proteste cittadine, e conseguente tentativo di riacquistare la benevolenza fortemente indebolita della popolarità del partito,
g) il disconoscimento palese dell’autorità del primo cittadino da parte di Vaticano e corpo giudiziario,
h) ed infine la mancanza di benevolenza da parte dell’opinione pubblica estera.
Probabilmente i punti elencati non sono i soli “perché” della vicenda Marino/Roma/PD.